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LA MIA TERZA REPUBBLICA (QUELLA CON UN PIZZICO DI SERIETÀ E DI RIGORE) 1 – Manlio Di Stefano (M5s)

la lepre marzolina

Manlio Di Stefano (M5s) scrive collocando Beirut in Libia. È un uomo di governo: sottosegretario agli Esteri nei due governi Conte. Senza vergognarsi nemmeno per un attimo, arrogantemente, non chiede neppure scusa.

Problema che un governo della mia Terza repubblica risolve in dieci minuti: dimissioni e sostituzione con un suo collega di partito che abbia frequentato con qualche profitto la scuola dell’obbligo. 

Di Stefano fu molto apprezzato quando alla fine del 2017 disse: “Abbiamo fatto capire a tutti i nostri militanti che il percorso deve essere fatto di buone pratiche e di democrazia. Non parliamo di governo tecnico o politico, ma di governo competente, sceglieremo le persone migliori che questo Paese ha da offrire se dovessimo formare un governo”.

d.R

Alcuni giorni fa su questo sito abbiamo scritto che il M5s non dovrebbe neppure “osare” chiedere il voto agli elettori senza, prima, aver definito la sua collocazione politica e il suo concetto di democrazia. Per non far correre il rischio all’elettore (come nel passato e nel presente) di votare un cripto-leghista o un cripto-nazista o un cripto-stalinista. O di votare un Movimento nelle mani di un’azienda privata che non subisce alcun controllo né pubblico né privato.

Sotto il sole ferragostano il Movimento ha dimostrato di persistere nella sua linea dell’ambiguità, della contraddizione opportunistica, della presa per i fondelli dei cittadini spacciando per virtuosi metodi e comportamenti che sono soltanto truffaldini. Di Maio esulta per i risultati della ultima consultazione dei grillini. Essendo affezionato alle iperbole infantili, dopo aver abolito la povertà stavolta se ne è uscito con «l’inizio di una nuova èra». Nella sua mente il voto, di fatto cucito ad personam  su Virginia Raggi, equivale a una rivoluzione. Forse è una rivoluzione ma solo matematica. Da ora in avanti le numerazioni cominceranno non più da 1 ma da 0. Vedremo se cambieranno tutte le tabelline. Da questo ferragosto si dà inizio al d.R, che sostituirà il vetusto d.C.. L’èra del Dopo Raggi, quando finalmente conta anche lo Zero.

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NON OSATE

di enzo marzo

«Sono arrivata a questa scelta dopo averci riflettuto a lungo, non è stato semplice, ma era diventato impossibile portare avanti idee e progetti per i quali avevo deciso di far parte del Movimento 5stelle». Così dixit Alessandra Riccardi, senatrice del M5s, traslocata nella Lega di Salvini. Non è la prima, e non sarà l’ultima. Un tempo personaggi come questi sarebbero stati definiti “trasformisti”, “attaccati alla poltrona”, “venduti”. Ma ora sarebbe improprio. Evidentemente Riccardi ha «riflettuto a lungo». Mentre Salvini si esibiva nelle sue ultime castronerie. Oppure lei, che deve essere donna di cultura e di «idee», evidentemente si è fatta convincere dal camerata Alberto Samonà, neo assessore leghista alla cultura della Regione siciliana e si sarà commossa alla devozione del vetero e semper fascista verso il terrorista nero Delle Chiaie, e persino alla tenerezza mostrata per le SS: «Guerrieri della luce generati da padre antico e dalla madre terra. Nel sacrificio dell’ultima Thule. Monaci dell’onore».

In tempo di Covid 19 abbiamo avuto occasione di scrivere che, pur molto pessimisti, dobbiamo auspicare una Terza repubblica, opposta alla Seconda, marcita sotto il malaffare del berlusconismo e l’estremismo razzista e parafascista del salvinismo. Un Terza repubblica o sarà “trasparente e rigorosa” o non sarà che la continuazione della “Seconda”, ma ancor più putrida e corrotta. Purtroppo sono già troppi i segnali che non vanno nel verso giusto. Abbiamo anche indicato, come segno sicuro di mascalzonaggine “da Seconda repubblica”,  la sfacciataggine con cui si ostentano decisioni e azioni che un tempo si compivano sì, ma non così copiosamente e soprattutto vergognandosene come ladri colti sul fatto.

Ma, sia chiaro, non diamo alcuna colpa a tale Riccardi.  Lei è quella che è.

La responsabilità politica è tutta di Grillo e di Di Maio.

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IL GRILLO STRAPARLANTE

Grillo non si arrende neppure di fronte alla liquefazione del suo movimento, e invece di chiedersi quali ne siano le ragioni, ritorna a dire:

«Perché votare? Perché non lasciare la parola ai cittadini, scelti a caso?». «Le democrazie rappresentative di tutto il mondo scricchiolano, sanno di antico».

Ha proprio ragione: la democrazie scricchiolano davvero, invece i princìpi spacciati per il “nuovo” dai 5S sono soltanto macerie. Dobbiamo ringraziare Grillo che li ha messi alla prova e si è scelto i suoi parlamentari già assolutamente «a caso». Così il mondo intero ha potuto constatare come è andato l’esperimento. Non ci poteva essere maggior contributo al rafforzamento della democrazia rappresentativa. Il seggio parlamentare regalato al primo passante ha creato un bel minestrone indigesto e ingestibile con estremisti di destra di qua, filocomunisti di là, vetero-democristiani di su, antisemiti di giù, per non dire degli opportunisti e dei ministri esperti come i bambini di sei anni. Pronti irresponsabilmente a governare sistemi sempre più complessi. Ma per Grillo e per Casaleggio bastava che fossero rigidamente sotto il loro comando e spingessero i bottoni secondo gli ordini dei Capi. Roba che non sa solo «di antico», ma puzza di  esperienze antidemocratiche novecentesche e di dittature subequatoriali. Basti pensare alla riproposizione di una espressione orrenda e antichissima come “Capo”.

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LA DISTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE

di riccardo mastrorillo

Il Parlamento ha votato e si è autoridotto: la Camera sarà composta da 400 deputati, anziché 630 e il Senato da 200 senatori invece di 315. Il Partito democratico e la variopinta composizione del Gruppo LEU, che in tutte le precedenti votazioni si erano opposti, hanno votato a favore, sostenendo che si è raggiunto un accordo per compensare la riduzione dei parlamentari, con interventi legislativi che dovrebbero ridimensionare la compressione della rappresentanza.

Sappiamo bene che il movimento cinque stelle ha imposto questa riduzione con lo scopo, nemmeno velato, di distruggere la democrazia parlamentare, del resto lo hanno già detto che l’obiettivo successivo è stabilire il vincolo di mandato.

Quello che ci lascia, ma non troppo, stupiti è il documento di maggioranza, le famose garanzie ottenute dal Pd e da LEU, che dimostrano, senza appello, l’assoluta ignoranza sul significato di democrazia di gran parte della classe dirigente di questo paese.

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LA RAPPRESENTANZA SOFFRE E NON E’ QUESTIONE DI NUMERI

di andrea pertici 

La Camera dei deputati ha concluso la fase parlamentare di approvazione del taglio dei parlamentari, che passerebbero da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori (oltre quelli a vita), con un voto plebiscitario: 553 i favorevoli, 12 i contrari, 2 gli astenuti. Il procedimento non si è però concluso, perché in Senato non erano stati raggiunti i due terzi dei voti favorevoli e quindi nei prossimi tre mesi potrà essere chiesto il referendum. Dopo la presentazione delle richieste, eventualmente, si svolgerà il controllo di legittimità delle stesse da parte dell’Ufficio centrale per il referendum (entro trenta giorni), e, in caso di suo esito positivo, entro sessanta giorni, il Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, indirà le votazioni, che dovranno svolgersi in una domenica compresa tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno successivo. In definitiva, la vera conclusione del procedimento si realizzerà tra poco più di tre mesi, se non verrà chiesto il referendum, o tra circa sei mesi, se almeno una richiesta sarà presentata.

Se si dovesse andare a nuove elezioni parlamentari prima, si voterebbe per 630 deputati e 315 senatori. Probabilmente non accadrà e, se il referendum questa volta confermerà il voto parlamentare, alle prossime elezioni voteremo per 345 parlamentari in meno. Questo, come è stato detto, potrebbe rappresentare un’ulteriore assicurazione sulla durata delle Camere, perché i parlamentari in carica, già poco inclini a lasciare il seggio anticipatamente, sanno che le loro possibilità di rielezione si ridurranno ulteriormente.

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LA PROPAGANDA SULLA COSTITUZIONE

di  gianfranco pasquino

[Ripubbichiamo questo saggio di Gianfranco Pasquino, che consideriamo esemplare, sulla demagogica politica di riforma della Costituzione perpetrata prima da Renzi e poi – adesso – dal M5s. Noi siamo pronti a riprendere anche subito la battaglia dei Comitati del NO. E’ dal marzo ’18 che denunciamo l’incoscienza della politica isolazionista di Renzi e, purtroppo, dei “diversamente renziani”, che si vanno assumendo una gravissima responsabilità nei confronti della democrazia del nostro paese].

Leggo periodicamente le grida di (finto) dolore emesse da coloro che hanno sonoramente perso il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Sono quasi tutti accompagnati da vere indignate invettive contro i professoroni e soprattutto contro Gustavo Zagrebelsky, il Presidente del Comitato nazionale per il NO. Avremmo, non rispondo a nome suo, ma mi prendo la mia parte, non so quanto grande, di responsabilità, aperto la strada a infinite (non ancora finite) nefandezze. Per di più, di fronte alle nefandezze staremmo tutti zitti mentre il governo Lega-Cinque Stelle è affaccendato nella distruzione della Costituzione “più bella del mondo” (copyright non mio). Sull’aggettivo “bella” ho già variamente e ripetutamente eccepito affermando, senza timore di smentite, che non esiste un concorso di bellezza per le Costituzioni e che, se ci fosse, vincerebbe la Costituzione mai scritta, quella del Regno un tempo Unito. Dopodiché, contrariamente agli scrittori di stupidaggini seriali sul referendum, sulla Costituzione e sul governo, fra i quali annovero da qualche tempo il Direttore del “Foglio” Claudio Cerasa (si veda la sua risposta Antiparlamentarismo e silenzio dei costituzionalisti, alla lettera di un assegnista, sic, di ricerca in Diritto Costituzionale, pubblicata in prima pagina il 19 luglio), entro nel merito. Metto subito le carte in tavola. Ho scritto su tutte le tematiche attinenti il referendum costituzionale: Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate (Milano, Università Bocconi Edizioni, 2015) . Ho anche criticato le, spesso davvero risibili, motivazioni dei sostenitori del sì in NO positivo. Per la Costituzione. Per le buone riforme. Per migliorare la vita e la politica, Novi Ligure, Edizioni Epoké, 2016 .

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PENSIERINI DI LEGISLATURA: RIAVVOLGIAMO IL NASTRO

di enzo marzo

Commentatori e politici stanno spargendo a piene mani una grande bufala. I risultati europei hanno rovesciato i rapporti di forza tra la Lega Ladrona e il Movimento 5s, e quindi è giusto che il Presidente del consiglio effettivo sia Salvini, il quale ha in mano le sorti del governo e della legislatura. Niente di più falso. Il Parlamento risponde alla composizione fissata dalle elezioni politiche dell’anno scorso. Ne dovrebbero prendere atto tutti, a cominciare dal Capo della Lega. Anzi, i sondaggi ufficiosi e anche quelli ricavabili dalle Europee e da alcune Amministrative dovrebbero far pensare a un probabile rovesciamento di forze tra lega e M5s e dovrebbero quindi impegnare le teste sempre più vuote dei nostri mediocrissimi politici a come rimediare a un possibile disastro. Senza arrendersi prima del tempo. La bufala prima descritta serve solo a convincere i più al fatto che sia ormai ineluttabile la resa al nazionalismo, alla cialtroneria, alla destra estrema. Noi gridiamo che tutto questo è falso, e addirittura criminale nei confronti della nostra democrazia.

Riavvolgiamo il nastro e torniamo ai  titoli di testa.

Nel parlamento NON esiste una sola maggioranza possibile. Perché nessuno lo ricorda?

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LA FUGA DEI 5STELLE DALLA COERENZA

Occasionata o programmata che sia, la vicenda della nave Jonio pone i senatori che votano sull’autorizzazione a processare Salvini per il sequestro di 177 persone sulla nave italiana Diciotti  davanti alla scelta ineludibile se usare e negare la dignità umana o rispettarla sempre e comunque . Qui si vede il vero valore dei senatori o il loro squallore. Non c’è piattaforma Rousseau o fuga pilatesca dalla domanda in stile Conte, falso  democristiano, che tenga.

IL LENINISMO DEL NUOVO MILLENNIO

di francesco pisarri

Il 3 aprile (16 per il calendario gregoriano) del 1917 Lenin appena arrivato alla stazione Finlandia di San Pietroburgo (rientrava dall’esilio in Svizzera) lanciava la parola d’ordine “tutto il potere ai soviet”. Sono le famose “tesi di aprile”. Il partito, sotto la sua inflessibile guida, si organizza secondo le linee del centralismo democratico e inizia la sua marcia per guidare quella che passera alla storia come “rivoluzione d’ottobre” o rivoluzione bolscevica.  

Lenin cercava una forma efficace di democrazia diretta che portasse finalmente avanti e attuasse le richieste e i bisogni delle masse popolari (contadini, operai e soldati in primis). I primi soviet erano sorti nella rivoluzione del 1905 e avevano costituito la base del potere popolare in quella prima rivoluzione. Nello stesso tempo Lenin riteneva che un pugno di professionisti della rivoluzione, determinati e assolutamente uniti negli obbiettivi e nei metodi di lotta, avrebbe dovuto guidare la rivoluzione in nome del popolo per giungere ad un effettivo potere sovietico.

Da allora il conflitto Soviet-partito non farà che acuirsi e Lenin si vedrà costretto a privilegiare l’avanguardia rivoluzionaria – ovvero il partito – per portare avanti il processo rivoluzionario. Alla fine il partito estenderà il suo potere ed il suo controllo su ogni attività del nuovo stato, e di sovietico rimarrà solo il nome. I soviet in realtà saranno del tutto esautorati e di quell’esperimento di democrazia diretta non rimarrà traccia alcuna. Il centralismo democratico sarà di fatto svuotato di ogni aspetto democratico e sarà sostituito dal potere personale di una ristretta cerchia di funzionari di partito ovvero dal Politburo. Infine arriverà la dittatura staliniana ed una pietra tombale cadrà sulla rivoluzione

Da tutto il potere ai Soviet si è passati in pochi anni a tutto il potere al partito e quindi a Stalin e la sua cricca.

Ancora oggi qualcuno parla di democrazia “diretta” e di democrazia “popolare” ignorando, o peggio facendo finta di ignorare, di quante sconfitte sia lastricata questa strada, questa sì millenaria. Dalla polis sino ai giorni nostri. 

Oggi nel nostro paese il Movimento 5 stelle

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