DUE GIUGNO . LA DEMOCRAZIA DI PIERO GOBETTI

di pietro polito

Per noi la democrazia è il regno dell’iniziativa.

Piero Gobetti

In questo 2 giugno 2022 ci sono buone ragioni per tornare su Piero Gobetti. La festa della Repubblica cade a 100 anni dalla Marcia su Roma che ha introdotto nel nostro Paese uno dei regimi più infami che la storia abbia mai conosciuto. Gobetti ha combattuto il fascismo con la sua vita, le sue idee, la sua opera di organizzatore di cultura e di editore. All’intellettuale antifascista dedicheremo il convegno La nostra cultura politica. A 100 anni dalla fondazione della “Rivoluzione Liberale” (27 e 28 ottobre 2022). Il Gobetti editore sarà al centro del programma di lavoro del Centro studi nel 2023 – la casa editrice Piero Gobetti inizia la sua attività il 20 marzo 1923. L’auspicio è che il prossimo Salone del Libro di Torino sia dedicato all’editore ideale.

Il nucleo del messaggio gobettiano può essere riassunto nella contrapposizione tra fascismo e democrazia, con le sue parole tra la «tirannide» e il «regime di moderna democrazia diretta e laica»,

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OTTANT’ANNI DAL PARTITO D’AZIONE

per chi avesse perso l’evento qui il link per vedere la registrazione 
1942-2022
OTTANT’ANNI DAL PARTITO D’AZIONE
Storia e attualità degli ideali

4 giugno 2022 ore 17.00
Casa della Memoria e della Storia
Via San Francesco di Sales 5, Roma

Saluti: Luca Aniasi e Bianca Cimiotta Lami

Intervengono:
Paolo Bagnoli, Giorgio Benvenuto, Marco Cianca, Giovanni De Luna, Francesco Maria Fabrocile, Riccardo Mastrorillo, Ferruccio Parri, Andrea Ricciardi, Valdo Spini e Patrizia Viviani.

Presiede:
Salvatore Rondello

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LETTERA ALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA CONTRO GLI ABUSI NELLA CHIESA CATTOLICA

del  “Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica – ItalyChurchToo

S. Em. Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Membri tutti della CEI
e p.c.
S. Em. Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità
S. Em. Card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede
S. E. Mons. Lazzaro You Heung Sik, Prefetto del Dicastero per il Clero
S. Em. Card. Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi

Eminenza,
Eminenze ed Eccellenze,
siamo donne e uomini diversi per sensibilità e appartenenza, credenti e non credenti.
Vi scriviamo prima di tutto come cittadine e cittadini. Perché la Chiesa è parte della società e non
fuori di essa.
Ci muove uno spirito di verità, di giustizia, di responsabilità che oggi ci fa stare davanti a voi, in
piedi, in coscienza, con franchezza.
Gli abusi perpetrati all’interno della Chiesa colpiscono le persone nei loro corpi, nella loro vita,
nella loro coscienza: sono violazioni dei diritti umani. Se la Chiesa non rispetta i diritti umani, non
può predicare il Vangelo. Per questo l’obbedienza al Vangelo può spingere alla “disobbedienza”
ogni volta che in nome della “prudenza” si rischia di diventare complici dei delitti.
Questa lettera è rivolta a voi, ma resa pubblica perché altri e altre possano sottoscrivere la nostra
richiesta e perché pubblicamente voi possiate rispondere (italychurchtoo@pec.it). Daremo conto
della vostra replica nel corso della conferenza stampa che terremo il 27 maggio prossimo alle
ore 11, presso la Sala stampa estera a Roma.
CHIEDIAMO VERITÀ, GIUSTIZIA E PREVENZIONE

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La cornucopia azionista

di marco cianca

Roma, quartiere Flaminio via Luigi Canina, numero civico 6. Accanto al portone, una targa ricorda che qui, al primo piano, nell’abitazione di Federico Comandini, dove ora c’è uno studio medico, il 4 giugno del 1942 “riuniti clandestinamente” Vittorio Albasini, Piero Calamandrei, Guido Calogero, Alberto Damiani, Ugo La Malfa, Franco Mercurelli, Mario Vinciguerra, Edoardo Volterra e lo stesso Comandini “hanno fondato il Partito d’Azione”.

Giustizia e Libertà, il movimento creato da Carlo Rosselli, indossava le vesti, con un po’ di iniziale confusione, di un novello raggruppamento. Anche se l’emblema di GL, come ricorda Emilio Lussu, continuò ad essere esibito sulle bandiere dei gruppi partigiani che a questi ideali si richiamavano.

Sono passati ottant’anni. La creatura politica nata quel giorno (in realtà il parto fu plurimo perché le riunioni si susseguirono fino a luglio in varie città) ebbe vita breve, morì il 20 ottobre del 1947, lacerata dalla scissione tra l’ala socialista e quella repubblicana, ma ha lasciato un’eredità di tale valore che non è ancora possibile valutarla in tutta la sua cospicuità. Una cornucopia inesauribile. “Punto di riferimento di un’altra Italia che non è stata, ma potrebbe essere”, secondo la definizione di Giancarlo Tartaglia, autore di approfonditi studi sull’argomento.

Qualcuno, ogni tanto, tenta di accaparrarsene una fetta con improbabili e nebulosi richiami. Lo fa, periodicamente, Eugenio Scalfari, mischiando socialismo liberale e liberalsocialismo, tanto da indurre uno storico serio e appassionato come Paolo Bagnoli ad ironizzare sul “reato di confusione culturale”, escludendo per il fondatore di “Repubblica” ogni attenuante. Ora tocca a Carlo Calenda, il quale dimentica, o non sa, che la forza rivoluzionaria dell’originario programma rosselliano è inconciliabile con qualsiasi posizionamento più o meno centrista, moderato, efficientista. Poi ci sono quelli, tipo Ernesto Galli Della Loggia, o prima di lui Augusto Del Noce, che, al contrario, vedono ovunque il fantasma azionista e lanciano anatemi contro l’incubo dell’intransigenza etica.

Coniugare giustizia sociale e piena democrazia è un obiettivo talmente arduo che ogni volta torna l’ironico commento di Benedetto Croce sull’impossibile esistenza di un ircocervo. Eppure, la tempra morale dei protagonisti di allora e la devastazione dell’oggi impongono uno sguardo sul futuro che prenda coraggio da quel passato.

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Ma la Russia occupa abusivamente il seggio del Consiglio di sicurezza dell’Onu di cui non fa parte?

Qualcuno dirà che non è una domanda seria  e che i fatti imposti con la forza (la critica delle armi) sostituiscono qualunque regola (l’arma della critica). Non mi sento di contraddirlo. Ma la domanda che non è peregrina per chi crede che anche in una famiglia di sole due persone ci vogliano regole (super partes) per regolare qualunque convivenza tra diversi. In difetto tanto vale tornare allo stato di natura del bellum omnium contra omnes . E fare a meno dell’Onu che dà peraltro flebili segni di esistenza in vita.
La Federazione russa fa parte dell’Onu a che titolo? Interessante, certo   da approfondire, proviamo a rispondere . Tutti i membri permanenti sono indicati nello statuto Onu . L’URSS ne fa parte tuttora. Le istituzioni sovietiche sono state infatti sciolte nel 1991. La Federazione russa ne è il successore?  Il diritto russo sancisce che la Russia è succeduta alla Rsfr (Repubblica federata sovietica socialista russa) che però non ha mai fatto parte dell’Onu. Nel 1945  a diventare membri dell’Onu furono l’URSS  e due sue Repubbliche, Ucraina e Bielorussia. Tutte le ex Repubbliche sovietiche una volta divenute indipendenti hanno aderito all’Onu tranne la Russia che ha semplicemente cambiato targa sul banco dell’URSS. Tutti i paesi nati da quelli vecchi hanno ripetuto le procedure di ingresso nell’Onu. La Russia non ha mai aderito in quanto tale all’Onu. E se rientrasse da zero perderebbe il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza. Le risoluzioni del consiglio degli ultimi 30 anni non sarebbero invalidate perché il quorum c’era e il  seggio URSS era vacante.
Se vogliamo parlare di diritto internazionale, la risposta  alla domanda è no.

Furio Colombo: “Ecco perché ho lasciato il Fatto Quotidiano”

intervista di Paolo Flores d’Arcais a Furio Colombo

Figura storica del giornalismo italiano, cofondatore del Fatto Quotidiano e fino a pochi giorni fa editorialista del giornale diretto da Travaglio, Furio Colombo ha lasciato la testata in dissenso con la scelta del direttore di “incoronare” Alessandro Orsini. In questa conversazione con il direttore di MicroMega Colombo spiega cosa è accaduto e le ragioni della sua scelta.

Ricostruiamo intanto quello che è successo.
“Il Fatto quotidiano” era abituato al fatto che il mio pezzo domenicale spesso non fosse in sintonia con la linea del giornale, cioè del suo direttore, talvolta in vera e propria opposizione. La cosa era diventata anzi abituale con il mutare della linea del giornale sull’aggressione della Russia di Putin contro l’Ucraina. Il mio articolo previsto per domenica 8 maggio era particolarmente critico sulla questione. Quell’articolo, con le critiche rivolte ad Alessandro Orsini e Massimo Fini (su cui tornerò), non è stato pubblicato. Non era mai accaduto. Non solo non è stato pubblicato, ma contemporaneamente il quotidiano che avevo contribuito a fondare tredici anni fa ha preparato una grande festa di “incoronazione” per il nuovo personaggio della politica italiana, il professore Orsini, appunto, al quale il Fatto ha offerto un teatro con 500 spettatori al prezzo di 25€ per l’ingresso. Una vera e propria celebrazione nella quale Orsini è stato formalmente adottato come un personaggio chiave del giornale. Il che impediva e impedisce assolutamente a una persona come me di restare sulle stesse pagine. Sulla sostanza inaccettabile degli articoli di Orsini mi ero già espresso nei miei articoli, facendo chiaramente capire che non potevo avere un falsario come collega. La cosa, però, non solo è andata avanti, ma è diventata la celebrazione del falsario.
Insomma, Travaglio non ha pubblicato il mio articolo in cui esprimevo i motivi per cui non mi era possibile avere Orsini come collega, e in cui criticavo Massimo Fini che stava teorizzando l’idea che i veri liberatori dell’Italia furono i tedeschi e i veri invasori dell’Italia furono gli americani. Il che rendeva impossibile la coabitazione anche con Fini, ovviamente. Che cosa vuol dire la frase assolutamente incosciente di Fini quando sostiene che i tedeschi proteggevano gli italiani mentre gli americani li invadevano? Dal momento che io c’ero, ragazzo ma ben consapevole, dal momento che ho visto, dal momento che posso testimoniarlo, dal momento che ricordo i luoghi e le modalità delle esecuzioni, delle fucilazioni, delle case di torture, delle persecuzioni e di tutto quello che è avvenuto al popolo italiano e agli ebrei italiani, questa vergogna non era più tollerabile. Perciò ho fatto sapere a Travaglio che non avrei più mandato altri articoli, che la mia partecipazione al quotidiano che avevo contribuito a fondare nel 2009 si chiudeva lì.
Travaglio nelle sue telefonate mi ha ribadito le sue ragioni, cercando di far rientrare la mia decisione ma insistendo nella difesa di Orsini e Fini, sostenendo che ci sono tanti modi di vedere la vita e di interpretare gli eventi, e naturalmente richiamando i tanti anni di lavoro comune. Ma non poteva funzionare. C’era il macigno delle falsità, sull’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, come “raccontata” da Orsini, e sui nazisti in Italia come “raccontati” da Fini.
Anche con Padellaro ho avuto più di una telefonata, con lui il rapporto, anche umano, è molto più stretto, Padellaro oltre che firma del giornale e suo primo direttore per sei anni, resta uno degli editori. Inoltre il rapporto con lui era ancora più antico. Avevamo diretto un giornale insieme, avevamo deciso insieme che cosa si può accettare e cosa no, avevamo stabilito insieme che la notizia-bugia non si deve pubblicare mai.

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USCITO IL N. 108 DI “NONMOLLARE” – SCARICABILE GRATIS QUI

per scaricare il pdf di NONMOLLARE clicca qui e anche su https://www.ilfattoquotidiano.it – ucraina, altro che nato: la strada per una iniziativa tutta europea  è libera 

Sommario
in tempo di guerra
3. enzo marzo, ipocrisia e vittimismo
3. la russia eterna
5. michele marchesiello, per un trattato europeo di difesa
7. orsinate
res publica
8. angelo perrone, la solitudine e il coraggio
15. michele marchesiello, riforma a colpi di referendum
la vita buona
11. valerio pocar, mater certa…
appello
13. per un “comitato per il no sui referendum sulla giustizia”
la biscondola
17. paolo bagnoli, un impegno durato una vita
lo spaccio delle idee
18. paolo sylos labini, ernesto rossi: opporsi per dovere
in vetrina
21. marta federica ottaviani, brigate russe
22. comitato di direzione
22. hanno collaborato
7-10. bêtise
10. bêtise d’oro
 

vergogna, vergogna, vergogna

«Io non ho aspettato Luciano Violante per affermare che i ragazzi che andarono a morire per Salò avevano pari dignità con i partigiani. Le due parti si battevano per valori diversi: per la libertà i partigiani, quelli veri, per l’onore e la lealtà i giovani fascisti. (…)

Gli occupanti in Italia non erano i tedeschi, ma gli Alleati. E l’esercito tedesco, a parte alcune azioni efferate, veri crimini di guerra a opera dei reparti speciali, le SS (Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema in testa), in Italia si comportò con correttezza».

Massimo Fini, il Fatto Quotidiano, 28 aprile 2022

«È negazionismo affermare come fa Massimo Fini sul Fatto che in Italia le SS si comportarono con correttezza.

Le deportazioni degli ebrei o le Fosse Ardeatine non sono episodi casuali, ma l’essenza dell’ideologia nazista che oggi qualcuno vuole banalizzare, difendere e promuovere».

Ruth Dureghello, Presidente della Comunità Ebraica di Roma – 9:40 AM · 29 aprile 2022·Twitter

In queste settimane l’Ucraina è stata devastata dalle truppe russe, e noi siamo stati invasi da una slavina di

stalinisti da guerra fredda improvvisamente scongelati,

putiniani di vecchia e nuova generazione,

“conservatori” a braccio teso,

clericali divisi tra Francesco e Kirill,

fenomeni da baraccone che non fanno neppure ridere,

professori che disonorano l’Università,

impiegati dell’Eni che riscrivono la storia,

giornali affamati di “fette di mercato”,

generali della riserva richiamati al comando della Quinta Colonna russa,

geopolitologi “né né” e “sia sia”,

pacifisti ipocriti che, come sempre, fanno il gioco del più forte,

berlusconiani putiniani di lungo corso che si svegliano antiamericani anni ’50, 

difensori della libertà di stampa e di chi spara ai giornalisti,

vittime della censura e del “pensiero unico” che imperversano giorno e notte su tv e giornali…

Insomma, gli illiberali “di tutto il mondo uniti”, ammiratori mascherati di ogni dittatura, democratura, autoritarismo, autocrazia, dispotismo, totalitarismo. Nel presente e nel passato…

Un vero rigurgito di odio antico e di nostalgia canaglia che fa un tutt’uno col minestrone negazionista e con la neo irragionevolezza che ha la punta di diamante nei novax antiscientisti.

P.S.: L’EQUIDISTANTE.

Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, è preoccupato.

Su “Repubblica”, a “Otto e mezzo”, dappertutto, non nasconde la sua inquietudine. I parlamenti di Svezia e Finlandia, dopo aver compulsato i libri di storia dei loro paesi, chiedono di essere difesi dalla Nato. Ma questo – dice terrorizzato Caracciolo – «cambia completamente l’assetto del fronte del Nord». E aggiunge: «Quando si affaccerà dalla finestra della sua casa a San Pietroburgo vedrà la Nato». E quando oggi un cittadino finlandese si affaccia alla sua, di finestra, cosa vede? Non vede per caso l’armamento più aggressivo del mondo in mano a tale Putin. Sì, proprio lui, quello che promette da tempo di annettersi i paesi scandinavi e baltici per ricreare i sacri confini della santa madre Russia e dell’Unione sovietica. È più probabile che la Finlandia invada la Russia, o il contrario? La distanza della Finlandia da San Pietroburgo e quella di San Pietroburgo dalla Finlandia non è la stessa? Oops coincidenza? (direbbe Red Ronnie-Crozza).

 

 

“CHIEDIAMO AI VESCOVI VERITÀ, GIUSTIZIA e PREVENZIONE”

In occasione della 76.ma Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, in programma dal 23 al 27 maggio p.v., il Coordinamento #ItalyChurchToo chiederà, in una “LETTERA AI VESCOVI”, precise misure necessarie e improrogabili nell’ambito della lotta agli abusi nella Chiesa cattolica, che allineino l’operato della Chiesa italiana a quello di altre Conferenze episcopali e dissolvano i dubbi relativi alle reticenze e alle resistenze dell’episcopato italiano riguardo all’emersione della reale portata del fenomeno in Italia. Continua la lettura di “CHIEDIAMO AI VESCOVI VERITÀ, GIUSTIZIA e PREVENZIONE”

occidente prigioniero – contro l’oblio e la disattenzione

di milan kundera
«Nel settembre del 1956, il direttore dell’agenzia di stampa ungherese, pochi minuti prima che il suo ufficio venisse distrutto dall’artiglieria, trasmise al mondo intero per telex un disperato messaggio sull’offensiva che quel mattino i russi avevano scatenato contro Budapest. Il dispaccio finisce con queste parole: “Moriremo per l’Ungheria e per l’Europa”.
«Che cosa intendeva dire? Di certo che i carri russi mettevano in pericolo l’Ungheria e, insieme, l’Europa. Ma in che senso anche l’Europa era in pericolo? I carri russi erano forse pronti a varcare le frontiere ungheresi e a dirigersi a Ovest? No. Il direttore dell’agenzia di stampa ungherese intendeva dire che in Ungheria era l’Europa a essere presa di mira. Perché l’Ungheria restasse Ungheria e restasse Europa, era pronto a morire».

USCITO IL N. 107 DI “NONMOLLARE” – SCARICABILE GRATIS QUI e anche su www.ilfattoquotidiano.it –

per scaricare il pdf di NONMOLLARE clicca qui  e anche su www.ilfattoquotidiano.it – i nostri media sono invasi: illiberali di tutto il mondo unitevi

Sommario
3. carlo rosselli, perché siamo antifascisti
3. e.ma., vergogna, vergogna, vergogna
la biscondola
4. paolo bagnoli, conservatori da operetta
in tempo di guerra
5. angelo perrone, ucraina, il linguaggio della guerra
8. michele marchesiello, il paese del né né
lo spillo
09. enzo marzo, l’equidistante
10. orsinate
la vita buona
11. valerio pocar, l’emergenza non ci distragga dall’emergenza dei diritti civili
lo spaccio delle idee
13. marco cianca, la necessità del socialismo
14. dibattito
15. enzo marzo, commento a cianca
17. tebaldo di navarra, la sera che conobbi nino caponnetto
appello
18. per un “comitato per il no sui referendum sulla giustizia”
in vetrina
20. paolo bagnoli, la democrazia commissariata
21. comitato di direzione
21. hanno collaborato
7-9-16-17. bêtise
 

 

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