Archivi categoria: pensiero del giorno | di antonio caputo

PRIMA I PRETI

In Piemonte avanza una nuova e inedita  categoria vaccinale extra ordine: i religiosi che verranno vaccinati all’ospedale della curia Cottolengo di Torino.  Con una elencazione generica  potenzialmente aperta a  intromissioni. Perche’vaccinarli  separatamente come “corpo” (tra l’altro di sola religione cattolica? In struttura ospedaliera “cattolica”?). E fragili e disabili gravi o ultra 80enni ancora in attesa e non appartenenti alla categoria, inesistente nelle raccomandazioni ministeriali , dei “ministri di culto”?   Ciò accade in un paese dotato di etica civile in cui la Magistratura dovrebbe indagare anche sui magistrati che si sono vaccinati prescindendo da qualunque priorità. Soggiungo che per priorità deve necessariamente intendersi priorità di rischio clinico  (di prendere il Covid morendo o finendo in terapia intensiva ) . Mai riferita a categorie sociologiche. Secondo scienza, coscienza, tempestività  e appropriatezza. Discriminazioni nelle discriminazioni che avanzano anche sfacciatamente

 
 
 
 

PIETISMO CARITATEVOLE (CON UNA LETTERA – BELLISSIMA – DI IACOPO MELIO)

Un neo nella  composizione del governo: Perché un ministero "per le disabilità" e un altro "per le pari opportunità"? A me sembra discriminatorio e segregante. Le persone con disabilità sono persone come tutte le altre e a tutte insieme vanno date  pari opportunità e garantito l'effettivo godimento dei diritti fondamentali della persona. Oltre il pietismo caritatevole ma con politiche attive uguali per tutti e tutte.

Disabilità, se è un ministero che ci discrimina

Lettera del consigliere regionale Pd della Toscana

LE 3 CRISI

Della rappresentanza , per effetto di leggi elettorali che sottraggono libertà di scelta e recidono  il tessuto connettivo della Rappresentanza.              

Della partecipazione costruens o informata , attiva pro e inter attiva, sostituita da strumenti distorcenti o manipolati o manipolatori, come i social, spesso solipsistici o le tv o i talk show o i click su piattaforme varie. Sullo sfondo crisi radicale della sovranità. 

Della democrazia e di anelli di congiunzione tra società civile e Istituzioni, come i partiti. Ora anche alla prova del metodo della Casaleggio e associati.

Certamente ciascun partito può regolare come meglio crede la vita interna del partito e i meccanismi di selezione e decisione. Ma restano o ci sarebbero  sempre le  garanzie della Costituzione repubblicana a tutela della libertà di associazione, di manifestazione del pensiero, rivolte ad assicurare il rispetto di un metodo democratico sostanziale anche nella vita interna (artt.18,21,49). E trattandosi di democrazia parlamentare rappresentativa (che presuppone e si coniuga con  partecipazione interattiva)  a tutelare le libertà di parlamentari non legati a vincolo di mandato ma liberi rappresentanti dei cittadini tutti, e del parlamento (artt.1 e 68). Riguarda tutti. Se poi col voto sulla piattaforma privata della società privata, espresso con un semplice click a un quesito precostituito (non costruito insieme) da chissà chi e come, si immaginasse di vincolare la libertà del parlamentare, forte sarebbe la dissonanza da lettera e spirito costituzionali, rimanendo libera scelta in ipotesi da motivare, il libero voto in parlamento del parlamentare. Anche perché chi  vota sulla piattaforma è semplice iscritto alla stessa  in regime di diritto privato, senza che egli abbia alcun obbligo (privatistico e di nessun effetto pubblicistico) di dichiararsi elettore del partito a cui la piattaforma fa riferimento. Se poi tutto questo avviene dopo che l’assemblea dei parlamentari del partito si è espressa e una delegazione della stessa si  è già recata dal Presidente incaricato di formare un governo, dichiarando coram  populo di voler aderire e partecipare allo stesso governo, sarebbe arduo  non valutare la cosa come screditamento della libertà responsabile dei parlamentari e in definitiva come contrapposizione al sistema della democrazia parlamentare rappresentativa che si presenterebbe sostituita da click eterodiretti vincolanti per gli eletti dal popolo sovrano (non dai soli iscritti alla piattaforma). Anzi, anche da altri click preannunciati dal dominus incontrastato e proprietario della piattaforma in caso di prevalenza dei no al governo Draghi. Quesito in tal caso assoggettato a libero arbitrio interpretativo.  Il dominus Casaleggio, figlio dell’omonimo, investito a tempo indefinito  della carica in forza di un principio analogo  a quello monarchico e dinastico. Altri click mentre le consultazioni sono chiuse e Draghi sta salendo sul colle per presentare la lista dei ministri e poi recarsi avanti le Camere, fuori tempo massimo e dal tono velatamente o volutamente dilatorio  se non ostruzionistico. Su quesito anticipato via rumor su tv e social dal predetto dominus. Gli iscritti a Rousseau dovrebbero dire col click se i parlamentari dovranno astenersi o votare no al governo Draghi. Ma non si erano espressi prima ?

7 febbraio 1898 inizio del processo Dreyfuss  (quando c’erano gli intellettuali indipendenti) – PROCESSO PER DIFFAMAZIONE

“L’intellettuale in Europa aveva un potere ed io credo che il vertice di questo potere sia stato esercitato da Zola e dai firmatari dell’appello di Zola al momento del processo Dreyfus. Poi è venuto l’inquinamento partitico, l’impegno devoluto alla sinistra: e ha molto inquinato questo potere dell’intellettuale. Oggi il potere è in tutte altre mani, il potere è la televisione, il potere è la casa di moda. L’intellettuale non ha più nessun potere, comunque io continuo a scrivere come se ci credessi”. (L.Sciascia)

In Francia, il 7 febbraio 1898, inizia il processo per diffamazione contro lo scrittore Émile Zola. L’accusa riguarda la pubblicazione del J’accuse, un editoriale pubblicato da Zola sul giornale “L’Aurore” il 13 gennaio 1898 per denunciare pubblicamente le irregolarità del processo contro Alfred Dreyfus. Dreyfus era un capitano dello Stato maggiore di origine ebraica, condannato ingiustamente per alto tradimento sulla base di documenti completamente falsi.

POLITICA POLITICANTE

L’ex presidente del Consiglio Renzi ha “ringraziato” il capo dello Stato per le necessità indicate nel discorso di Capodanno, che coinciderebbero con quelle da lui sostenute contro Conte. Mentre Conte si dichiara d’accordo con Mattarella che elogia per il suo discorso. Altrettanto fanno Salvini, Berlusconi, Meloni e Zingaretti… a mia volta confesso di condividere ciò che ha detto il Presidente Mattarella.

LO SPIRITO DEL TEMPO: LA SCURRILITÀ

Un confronto, tra Biden e Trump, imbarazzante e umiliante per l’intelligenza degli elettori. Uno scontro tra un bullo cacciaballe con le sembianze di un bull dog e un uomo anziano e dimesso, manifestamente privo della statura politica per la carica istituzionale alla quale aspira.

Resta il desolante senso di vuoto dopo una corrida permanente di voci sovrapposte con un mediatore che faticava a gestire i passaggi. Un parapiglia dove non si parla mai di un preciso oggetto, le politiche per il Paese e il mondo, buttandola in caciara, in insulto, in invettiva a prescindere. Per Trump il suo avversario è solo un vecchio stupido rincoglionito; per Biden, Trump è un bugiardo impostore. Nulla di meno, niente di più. Un confronto pubblico, istituzionale trasformato in lite scomposta da trivio, logica da mucchio selvaggio o da grande fratello, per non comunicare nulla,  guerriglia di movimentazione verbale o linguale nucleo della comunicazione del cosiddetto “dibattito”. Deprimente.. è deprimente. Hegel redivivo farebbe fatica a trovare nelle scurrili invettive dell’orrido Trump lo spirito del mondo. Il guaio per noi è che lo spirito del tempo è questo

UNA DEMOCRAZIA DA INVENTARE. DOPO IL REFERENDUM

 

Qualche giorno fa, dopo il referendum sul taglio dei parlamentari,  invitato da David Sassoli, è intervenuto, in un confronto al Parlamento europeo su “Europa, il fondatore e garante  del Movimento a 5 stelle Beppe Grillo.

Queste alcune  sue esternazioni  che hanno scatenato molti commenti: quanto al referendum, «quando lo usiamo, usiamo il massimo dell’espressione democratica. Per me che ho contribuito alla democrazia diretta, quindi non credo assolutamente più in una forma di rappresentanza parlamentare ma nella democrazia diretta, fatta dai cittadini attraverso i referendum, andare a votare sì o no alla diminuzione dei parlamentari è come se chiedi a un pacifista ‘sei a favore o no della guerra?’». E ancora: «Alle elezioni ormai ci va meno del 50 per cento, è una democrazia zoppicante. Si cominciano a prospettare scenari come l’estrazione a sorte, perché no? Perché non posso selezionare una persona con certe caratteristiche?».

Espressioni un po’ rozze , per molti commentatori inquietanti se non eversive, all’indomani del referendum che ha tagliato in misura lineare il numero dei parlamentari, obiettivamente e matematicamente riducendo del 36.5% la possibile  rappresentanza dei cittadini nel luogo in cui si emanano le leggi uguali per tutti.

Grillo non crede nella democrazia parlamentare e  indica l’alternativa radicale sostitutiva di  una «democrazia diretta fatta dai cittadini attraverso i referendum» e, confusamente, estrazione a sorte dei parlamentari.

Così detto è stravolgimento assoluto di qualunque logica e principio, tanto di democrazia rappresentativa che di democrazia diretta e certo la lotteria in atto da anni di selezione casuale dei candidati  tramite la c.d. piattaforma Rousseau, prudentemente non menzionata dall’ex comico genovese,  a prescindere da ogni altra critica circa opacità e conflitti di interesse della struttura privata della società privata di Casaleggio figlio, singolare caso di monarchia ereditaria, che gestisce Rousseau, aumenta ed esaspera  confusione e rozzezza della cattiva esternazione.

Non si è capito chi per Grillo possa emanare le leggi e con quali procedure, ma ancor prima che cosa si intenda per democrazia, senza aggettivi.

Le domande, che Grillo non si pone, limitandosi solo a preparare il funerale del parlamento rappresentativo, quale conseguenza del referendum  sulla legge voluta dal suo partito e dalla Lega, sono queste:

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I MOLTI RISCHI

C’è il rischio molto concreto di “votare”(ellitticamente) con un parlamento tagliato, rosatellum adattato,liste bloccate e candidature multiple .  La pubblicazione della legge di revisione confermata dal referendum  e la delega per i collegi uninominali che  adatta il rosatellum, la legge Rosato, a che punto siamo?

In base agli artt. da 21 a 25 della legge 352 del 1970 che regola i referendum, tra alcuni giorni verrà pubblicato in Gazzetta il risultato ufficiale del referendum con annessa  pubblicazione della legge costituzionale di revisione (il taglio).
La legge entrerà’ in vigore il decimo quinto giorno dalla pubblicazione, ai sensi dell’art.12 delle preleggi ( vacatio legis).
Se, ad esempio, fosse pubblicata il 1 ottobre  entrerebbe in vigore il 16 ottobre. E’ immediatamente  applicabile,  ai sensi della legge 51/2019 (relatore Calderoli, lo stesso che presentò in Senato la legge di revisione come da programma elettorale della Lega) che in sostanza adatta il rosatellum al nuovo numero dei parlamentari attraverso una delega legislativa che ridetermina i collegi uninominali (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/06/11/19G00060/sg). A proposito, legge che singolarmente, precedendo il referendum, dava per scontata la vittoria del sì e comunque la presupponeva.
La delega deve essere esercitata entro due mesi dall’entrata in vigore del taglio,  secondo l’ipotesi prima segnalata, entro il 15 dicembre.
A quel punto, non solo in astratto, se non vi fossero ulteriori modifiche della legge elettorale, si andrebbe a votare col combinato disposto di parlamento tagliato e rosatellum adattato. Tutto il resto son chiacchiere sparse e comunque ipotesi le più’ disparate su cui non vi è nessuna chiarezza e nessun accordo né dentro né fuori della maggioranza di governo.
Dopo aver sentito Grillo che nuovamente preconizza il funerale della democrazia, ho fatto anche un sogno o avuto una allucinazione per superare la depressione, sul rapporto tra legge elettorale e rappresentatività del parlamento democratico.   Fermo restando   il bicameralismo paritario che è una risorsa da utilizzare per ponderar meglio o correggere testi di legge, occorre recuperare il suo significato emerso durante i lavori dell’assemblea costituente, differenziando la durata delle due Camere e radicando i senatori sui territori regionali,E anche differenziando per materie l’iniziativa legislativa tra le due Camere .  In tal modo si espanderebbe l’ambito della rappresentanza, si affinerebbe e migliorerebbe la produzione legislativa. Nel contempo, attraverso un metodo di reciproco controllo, si allontanerebbe il rischio di intromissioni esterne o lobbystiche di interessi opachi estranei all’interesse generale.    Quanto alla legge elettorale, con un occhio rivolto ai collegi uninominali su base regionale del sistema elettorale in vigore dal 1948 al 1993, per allentare la presa partitocratica e migliorare i processi di selezione democratica e avvicinare eletti ad elettori si restituirebbe a questi ultimi il potere /dovere di sceglierli, sarebbe utile un sistema fondato su collegi uninominali in numero pari ai parlamentari da eleggere.   Un elettorato passivo accessibile da chiunque, a condizione che risieda nel territorio del collegio da almeno 5 anni o più  e che la candidatura  venga presentata da un congruo numero di cittadini elettori residenti da tempo nel territorio del collegio, penso a 2/3mila presentatori o numero superiore.   Ciascun presentatore non dovrebbe sottoscrivere per più’ di 1 candidato.  In tal modo la sera stessa del voto gli elettori di ciascun collegio  potranno vedere in carne ed ossa i propri parlamentari di riferimento.  E la famigerata tecnica delle designazioni di capi partito o di improbabili piattaforme sarebbe soppiantata dai cittadini in prima persona messi in condizione di interagire e scegliere, recuperando fiducia e spirito o volontà’ di partecipazione.   Aiuterebbero anche percorsi di democratizzazione, radicamento sul territorio e trasparenza e democrazia dei partiti. Non escludendo affatto anche strumenti di democrazia diretta.

Ma non accadrà e voteremo col rosatellum ridipinto da Calderoli e company.

 

BASTA MALTRATTARE LA COSTITUZIONE

L’invito di Zingaretti a votare Sì per l’ennesima “grande riforma”: basta maltrattare la Costituzione!
Zingaretti dice di votare il taglio che diventerebbe accettabile solo se si faranno altre riforme costituzionali. Una vera contorsione logica. Insomma per Zingaretti il taglio così com’è è da bocciare.       Ma lui invita impudicamente a votare Sì dopo avere in parlamento fatto votare ai suoi per tre volte su quattro No, prima di recepire nell’accordo di governo coi 5 stelle il taglio del contratto di governo gialloverde.  Un ignoto e avventuroso  programma “costituente”(?) che in primo luogo non farà bene al suo partito in balia della confusione.  Anche se, come si dice, vincerà’ il  Si il Pd avrà perduto.     Verrebbe da citare i principi del costituzionalismo democratico che non consentirebbero a minoranze di deformare, a colpi di farlocche maggioranze improvvisate, la Costituzione  che è di tutti.                       Mi astengo, tanto non capirebbero. A lor signori interessa, temo, solo barcamenarsi prima di cadere dalla seggiola. Ora giocando anche all’anticasta della casta.
In una legislatura contrassegnata da tanto  opportunismo trasformista a destra e manca, di cui Conte uno e bino giallonerorosa è oggettivo emblema, ci manca solo l’avventurosa e imprecisata “grande riforma” (con chi e per che cosa?) dell’aspirante statista romano.   

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accordi antiparlamentari

Quando sento la nomenklatura di partiti dire che la riforma Di Maio /Zingaretti sul taglio antiparlamentare è parte dell'”accordo di governo” con espressioni fatalistiche o piangendo lacrime coccodrillesche di chi come il pd o leu votò no per 3 volte su 4, mi indigno. Le costituzioni democratiche non sono appannaggio dei governi alla maniera di Lukashenko. La Costituzione appartiene al popolo sovrano e, come scriveva Piero Calamandrei, quando il parlamento la vota, i membri del governo vanno da un’altra parte.

LA CORTE COSTITUZIONALE SMANTELLA IL DECRETO SICUREZZA DI SALVINI

Immigrazione, la Corte Costituzionale oggi  boccia (in parte) il decreto sicurezza di Salvini – primo governo Conte.
Doveva cambiarlo il Conte bis, rimasto immobile nel gioco a chi difende meglio i “sacri confini”. Un nuovo schiaffo all’amletico Conte che continua a galleggiare   nel vuoto e alle prediche ipocrite del pd.
Precludere l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, come previsto dal Decreto Sicurezza, è «incostituzionale» secondo la Consulta perché viola l’articolo 3 per cui «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge». La Corte Costituzionale smonta così uno dei pilastri del primo provvedimento bandiera del governo a trazione Lega-M5s fortemente voluto (insieme alla sua successiva riedizione, il decreto Sicurezza Bis) dal leader della Lega e allora ministro dell’Interno Matteo Salvini e dal governo Conte primo.
Una  norma particolarmente odiosa e iniqua che sottraeva alla persona identità, dignità, diritti all’assistenza sanitaria e all’inserimento programmato.
Dopo l’udienza pubblica svolta ieri, oggi la Consulta ha esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da tre tribunali: Milano, Ancona e Salerno. «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», recita l’articolo 3.
La norma ritenuta incostituzionale è contenuta nel decreto sicurezza voluto nel 2018 dall’allora titolare del Viminale e dal governo Conte uno: l’articolo 13 del Decreto-Legge D.L. 4 ottobre 2018, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132) e poi ribadita con una circolare inviata a Prefetti e a Sindaci da parte del Viminale vietava di fatto la concessione della residenza anagrafica ai richiedenti asilo.
Da quel momento molte amministrazioni – sottolineano associazioni come per esempio Avvocati di Strada – hanno cominciato a rigettare le domande di residenza dei richiedenti asilo: condizione necessaria per la procedura è infatti l’indicazione di un indirizzo di residenza in Italia. Da allora i dinieghi sono stati impugnati in molte parti d’Italia. E nella stragrande maggioranza dei casi, dicono ancora i legali, i ricorsi sono stati accolti.
Ora la Corte rende giustizia mentre il governo se c’era dormiva o ammiccava

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