di Pier Virgilio Dastoli
La Conferenza sul futuro dell’Europa nasce in un periodo di incertezza sui destini del processo di integrazione europea perché – nonostante l’ottimismo diffuso dalle istituzioni europee – non si sa ancora quando partirà il programma per la ripresa dell’economia europea dopo la pandemia bloccato ancora davanti a cinque parlamenti nazionali, perché le prospettive di dotare l’Unione di una sua autonomia strategica sono molto fumose in settori sensibili dell’agenda digitale e dell’intelligenza artificiale per non parlare della politica estera e di sicurezza, perché i governi gestiscono gelosamente senza spirito di solidarietà la gestione dei flussi migratori e perché la dimensione sociale (che implica l’equilibrio intergenerazionale, la parità di genere, la lotta alla precarietà e alla povertà) è apparsa ancora una volta nel Vertice di Porto come un settore quasi totalmente chiuso nei confini nazionali.
Eppure, la speranza risiede nel fatto che l’innovazione al centro della Conferenza di far discutere su un piano di uguaglianza cittadini e istituzioni possa scardinare un ingranaggio che, dal Trattato di Lisbona in poi, è stato preso in ostaggio dal metodo confederale e nel fatto che la democrazia partecipativa, usando tutti gli strumenti della società digitale, sia in grado di far riaprire il cantiere delle riforme dell’Unione europea.
Affinché la speranza si tramuti in realtà il Movimento europeo sottopone qui di seguito all’attenzione dell’opinione pubblica prima italiana e poi europee la sua analisi, le sue critiche e un catalogo di proposte costruttive.