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la scomparsa di rossana rossanda: un ricordo laico

di enzo marzo

Più di venti anni fa, nel dicembre 1998. Nel teatro romano Brancaccio, in un raduno di laici tanto folto che così non l’ho mai più visto, si incontrarono coloro che avevano promosso e sottoscritto il “Manifesto laico” di “Critica liberale”. Fuori, intanto, si svolgeva un corteo di studenti venuti da tutt’Italia per protestare contro Luigi Berlinguer, il ministro della Pubblica istruzione più clericale che abbia conosciuto la nostra Repubblica. Alla presidenza sedevano anche Paolo Sylos Labini e Rossana Rossanda. Idealmente era presente pure Indro Montanelli. Non fu difficile riuscire far convivere dei liberali, una comunista e un conservatore. Non era mai avvenuto dai tempi del divorzio. Ma ciò significò che allora  resisteva ancora uno straccio di ideali e di valori. Erano tutti personaggi che credevano fermamente nelle loro idee. Anche molto contrastanti tra di loro. Ma più forte d’ogni altro principio rimaneva quello della laicità dello Stato. Oggi proprio il venti settembre, con la scomparsa  di Rossana Rossanda, si allarga un vuoto incolmabile.

LA CREMA IMPAZZITA

Una premessa (la più breve possibile e strettamente personale): pur non partecipando ad alcun Comitato, per me era scontato votare NO semplicemente perché contrario al populismo demagogico e qualunquista della parte (maggioritaria?) del paese. Invece domani mi asterrò, annullando la scheda, perché non mi va di ingurgitare a forza una crema impazzita.

La riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari si regge su una questione di poco significato perché il numero dei parlamentari non dovrebbe essere deciso a caso in base al ventre, bensì al sistema elettorale e al coordinamento con altre norme costituzionali. Per “fare scena” si è preferito partire dal tetto e non dalle fondamenta. Continua la lettura di LA CREMA IMPAZZITA

USCITO IL N. 73 DI “NONMOLLARE” – SCARICABILE GRATIS QUI e sul fattoquotidiano.it

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Sommario
la biscondola
5. paolo bagnoli, lo stato repubblicano
cronache da palazzo
6. riccardo mastrorillo, la fuga dalla responsabilità
e dalla ragione
res publica
7. angelo perrone, errori e ritardi alimentano le proteste
la vita buona
10. valerio pocar, un servizio civile obbligatorio?
l’osservatore laico
12. francesca palazzi arduini, bergoglio, di più che voglio?
15. luigi corvaglia, fondamentalisti cristiani e destra religiosa
lo spaccio delle idee
17. marcello paci, viaggio nelle epidemie sino a oggi
19. francesco pisarri, davvero siamo solo il nostro cervello?
giornate di lettura
22. paolo fai, il grande camaleonte
in fondo
24. enzo marzo, les jeux sont faits
25-26. ex libris
27. comitato di direzione
27. hanno collaborato
4. bêtise d’oro
7-10-14-16-18. bêtise  

IN DIFESA DEL PARLAMENTO

di pietro polito,  Direttore Centro studi Piero Gobetti

Il Referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari del 20 e 21 settembre 2020 è (sarà) un passaggio importante per il futuro della democrazia rappresentativa in Italia. Per questa ragione occorre che si attivi un dibattito pubblico sul ruolo e le funzioni del Parlamento per “contrastare l’inquinamento dell’opinione pubblica, qualunque sia la risposta delle urne”[1]. Dall’una e dall’altra parte gioverebbe evitare sia la demonizzazione sia la ridicolizzazione dell’avversario. Se da un lato non spira aria di fascismo, dall’altro non tira “un’arietta da crociata, tra i santi soldati che innalzano gli stendardi dei No”[2]. Che senso ha, sia pure per ragioni polemiche, ridurre i fautori del No al livello di “tifosi” e o “vestali”?[3]. O addirittura, l’accusa, ingenerosa e irricevibile, viene rivolta a “certi intellettuali di finta sinistra” (Roberto Saviano e altri), a “complici della destra prefascista”  o “cretini”?[4]. Continua la lettura di IN DIFESA DEL PARLAMENTO

I CANDIDATI INDECENTI (QUELLI INDICATI DALL’ANTIMAFIA), MA CE NE SONO MOLTI DI PIÙ

[nella foto: Carlo  Iannace, candidato nella lista De Luca , già sospeso il 31 marzo 2016 in base alla legge Severino per via della condanna in primo grado a 6 anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni].

Regionali, gli ‘impresentabili’ per l’Antimafia: “Nove in Campania, 3 in Puglia e uno in Valle d’Aosta”. Liste ‘pulite’ in quattro Regioni

È questo il giudizio dopo lo screening, in base alla Severino e codice di autoregolamentazione, delle liste elettorali nelle 7 regioni al voto: 5 “bocciati” a supporto di De Luca, quattro tra i candidati di Forza Italia e Lega. In Puglia due corrono per Emiliano. Il governatore: “Devono fermarsi subito”. Albani risponde: “Mi ritiro”. Diminuiscono quindi a 13 i volti “bocciati” rispetto ai 17 della scorsa tornata elettorale nelle regioni Continua la lettura di I CANDIDATI INDECENTI (QUELLI INDICATI DALL’ANTIMAFIA), MA CE NE SONO MOLTI DI PIÙ

PERCHÉ GUALTIERI NON CHIEDE AL VATICANO DI VERSARE I MILIARDI CHE DEVE ALLO STATO ITALIANO? – UNA MANIFESTAZIONE DI CARLO TROILO

Gualtieri sollecitato a chiedere al Vaticano i 4/5 miliardi di ICI arretrata.

Carlo Troilo –  giornalista, già capo ufficio stampa dell’IRI e di due ministri economici e direttore delle Relazioni Esterne della RAI, da 15 anni impegnato  con l’Associazione Luca Coscioni, di cui è consigliere generale – manifesterà, venerdì 18 settembre, dalle 11 alle 13, di fronte al Ministero dell’Economia in via Venti Settembre –  per chiedere che il ministro Gualtieri dia   seguito alla sentenza della Corte Europea di Giustizia, che ha ingiunto al governo italiano di richiedere al Vaticano i 4/5 miliardi di ICI arretrato.  Non ottemperando a quanto stabilito nella sentenza, l’Italia rischia  fra l’altro una procedura di infrazione.

Già lo scorso anno Troilo si era fatto promotore di un appello per la laicità dello Stato e la riduzione dei privilegi economici della Chiesa Cattolica, subito fatta propria dalle maggiori organizzazioni laiche italiane, firmata da centinaia di esponenti del mondo della cultura e recepita in due mozioni della Camera e del Senato (primi firmatari, rispettivamente, Riccardo Magi e Riccardo Nencini).

Anche questo – dice Troilo – è un modo per celebrare i 150 anni di Roma Capitale e della caduta ( molto teorica) del potere temporale della Chiesa: una ricorrenza di eccezionale importanza, che si è cercato di “oscurare” fissando proprio per domenica 20 settembre le elezioni  regionali e il referendum sul “taglio” dei Parlamentari, che avrebbero potuti  tenersi in una delle altre tre domeniche del mese.

Come “ultim’ora” Troilo aggiunge: ho sentito che un  miliardo del recovery fund verrebbe  impiegato  dallo Stato per spese antisimiche per edifici di culto.  Se fosse vero – tenendo conto delle immani risorse finanziarie del Vaticano e della drammatica situazione di tanti cittadini italiani – sarebbe una vergogna nazionale.

Corrado Stajano lascia il Corriere dopo 30 anni: “Il Paese si è rotto”

di V.R. [da professione reporter – 9 settembre 2020]

Corrado Stajano lascia il Corriere della Sera. Con una lettera al presidente della Rcs Urbano Cairo, il giornalista e scrittore rinuncia, chiude un’epoca, considera concluso un rapporto che dura da più di trenta anni.

Inspiegabile, incomprensibile? Non vuole fare polemiche, Stajano. A Professione reporter che gli chiede conferma della notizia, dice solo: “Il paese si è rotto”. Poche sillabe che, al di là dei suoi rapporti con il primo quotidiano italiano, contengono uno sguardo e un giudizio di ben più vasto significato.

Tristezza? Lui la chiama “liberazione”.

Negli ultimi mesi la firma di Stajano non è mai comparsa sul Corriere. Da febbraio, da quando Milano e la Lombardia sono stati sconvolti dalla pandemia, il giornale non gli ha chiesto nulla. Lui che ha scritto “La città degli untori (alla ricerca del cuore e dell’anima di una metropoli)” non è stato neppure interpellato. Neanche una telefonata. E del resto il telefono non ha squillato neppure nei venti giorni da quando a via Solferino è arrivata la sua lettera.

Non è un ragazzo, Stajano. Ha scritto sul Mondo, sul Giorno, su Panorama, sul Messaggero, ha pubblicato libri sul fascismo, sulla democrazia, sul terrorismo (Un eroe borghese, Africo). Al Corriere, assunto nel 1987 da Ugo Stille, ha collaborato con Paolo Mieli, con Ferruccio De Bortoli, ha scritto centinaia di articoli, di inchieste, di commenti.  La sua non è una firma qualsiasi. Autore per la Rai di documentari televisivi di argomento politico, sociale, culturale (tra gli altri: “In nome del popolo italiano”; “Le radici della libertà”; “Nascita di una formazione partigiana”, tutti con Ermanno Olmi, ma anche “La repubblica di Salò” e “La forza della democrazia”), Staiano è stato senatore della Repubblica, eletto come indipendente nelle liste del Partito Democratico della Sinistra (1994-1996) e ha fatto parte della Commissione Giustizia e della Commissione Antimafia.

Forse è comprensibile e giusto che uno come lui prenda carta e penna e si dimetta. Una delle poche cose che Professione reporter riesce a strappargli è: ”Ho scritto al presidente, perché il direttore del Corriere io non lo conosco, non l’ho mai visto!”.

Possibile? Un segno dei tempi, che il paese si è rotto, come dice lui? Oppure la spiegazione del perché i giornali perdano tante copie. Un mondo strano quello del nostro giornalismo. Se Stajano va via dal Corriere vuol dire che qualcosa non funziona e che bisogna capirlo presto, prima che sia tardi.

Sei questioni per il quarto referendum in 20 anni

dii antonio pileggi

Quello del 20 settembre 2020, l’anno della pandemia e del centocinquantesimo anniversario della Breccia di Porta Pia, è il quarto referendum che, in venti anni (2001-2006-2016-2020), chiama i cittadini a votare per modificare la giovane Costituzione della altrettanto giovane Repubblica italiana. Poco più di 70 anni fa c’era ancora la Monarchia e vigeva lo Statuto Albertino.

È notorio che anche la semplice modifica di una virgola ad una legge potrebbe comportare conseguenze di varia natura. Cambiare la Costituzione, che è la Legge delle leggi scritta in particolari momenti della Storia di una Nazione, è una cosa seria. I cittadini, in occasione del referendum, non dovrebbero lavarsene le mani come Ponzio Pilato. E non dovrebbero decidere sbrigativamente assecondando le proprie o le altrui passioni, emozioni, simpatie e antipatie del momento.

In proposito, viene subito in mente il metodo suggerito da Luigi Einaudi: “conoscere, discutere e deliberare”. La citazione appare opportuna anche perché Einaudi è stato uno dei Padri Costituenti, è stato eletto a svolgere il compito di Presidente della Repubblica ed è stato definito “esemplare custode” della Costituzione. Ecco perché, anche alla luce delle esperienze e dei risultati caratterizzanti i 3 referendum che hanno preceduto quello del 20 settembre, prima di votare bisognerebbe tenere presente:

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BASTA MALTRATTARE LA COSTITUZIONE

L’invito di Zingaretti a votare Sì per l’ennesima “grande riforma”: basta maltrattare la Costituzione!
Zingaretti dice di votare il taglio che diventerebbe accettabile solo se si faranno altre riforme costituzionali. Una vera contorsione logica. Insomma per Zingaretti il taglio così com’è è da bocciare.       Ma lui invita impudicamente a votare Sì dopo avere in parlamento fatto votare ai suoi per tre volte su quattro No, prima di recepire nell’accordo di governo coi 5 stelle il taglio del contratto di governo gialloverde.  Un ignoto e avventuroso  programma “costituente”(?) che in primo luogo non farà bene al suo partito in balia della confusione.  Anche se, come si dice, vincerà’ il  Si il Pd avrà perduto.     Verrebbe da citare i principi del costituzionalismo democratico che non consentirebbero a minoranze di deformare, a colpi di farlocche maggioranze improvvisate, la Costituzione  che è di tutti.                       Mi astengo, tanto non capirebbero. A lor signori interessa, temo, solo barcamenarsi prima di cadere dalla seggiola. Ora giocando anche all’anticasta della casta.
In una legislatura contrassegnata da tanto  opportunismo trasformista a destra e manca, di cui Conte uno e bino giallonerorosa è oggettivo emblema, ci manca solo l’avventurosa e imprecisata “grande riforma” (con chi e per che cosa?) dell’aspirante statista romano.   

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VINTAGE

Berlusconi ha l’abilità di farci tornare tutti giovani. Il suo candidato per la Capitale è il trionfo del vintage. Nelle Seconda repubblica in agonia non c’è nulla di più passatista del recupero di un personaggio datato come Bertolaso. Ma il Berlusca non è mai stato secondo a nessuno in “facciatosta”. La sfrontatezza di salire al Quirinale e presentare come Ministro della giustizia tale Previti non sarà mai raggiungibile da nessuno, ma anche ripescare l’eroe de La Maddalena non è male. D’altronde il programma della destra per la rinascita di Roma sarebbe già bello che fatto: “massaggi per tutti”.

la lepre marzolina – mercoledì 21 ottobre 2020

ANDIRIVIENI TRA ESTREMA DESTRA E SINISTRA – ASSALTO A REGGIO CALABRIA DI INDAGATI, CRIMINALI ORGANIZZATI, INDAGATI E CONDANNATI, CORROTTI E FASCISTI, MA SOPRATTUTTO TRASFORMISTI DI OGNI RISMA – IL MIGLIORE È UN SANTONE CHE SI PROCLAMA “UNTO DAL SIGNORE”.

[Nella foto. Dopo aver eletto governatrice della Calabria un’ex deputata di Forza Italia che aveva dimostrato in televisione di non sapere neppure cosa fosse l’ISIS, la destra si è pentita ed è corsa ai ripari candidando Nezha Lazreq nella lista appoggiata dalla Lega per Salvini premier. Nezha è una vera combattente: con un fucile mitragliatore da guerra e il giubbotto antiproiettile si mostra pronta a respingere l’invasione dei terroristi musulmani provenienti  in bicicletta da Messina sulla pista della pieddina De Micheli. La guerriera, assieme a una sua task force, è stata già condannata in primo grado, a un anno e 6 mesi di carcere per sequestro di persona e lesioni aggravate. (red.)]

VOLENTIERI RIPUBBLICHIAMO UN ARTICOLO DEL FATTO QUOTIDIANO

Dagli indagati per corruzione alla condannata per sequestro di persona fino ai voltagabbana: la corsa dei 914 al Comune di Reggio Calabria

Lotta a 9 per la poltrona da sindaco. E dietro gli aspiranti successori di Falcomatà ecco la carica di chi corre per un posto in consiglio. Nelle liste anche una sorta di “santone” avvisato oralmente due volte per stalking dal questore e Nezha Lazreq, condannata in primo grado per sequestro di persona e in posa su Facebook con un fucile mitragliatore e il giubbotto antiproiettile

di Lucio Musolino | 6 SETTEMBRE 2020

Una campagna elettorale difficile quella per le comunali di Reggio Calabria. Il rischio del ballottaggio è dietro l’angolo ma il favorito è senza dubbio il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà del Pd. La partita si gioca tra lui, alla guida di una coalizione di centrosinistra, e il candidato del centrodestra Antonino Minicuci scelto dalla Lega, provocando i mal di pancia di Forza Italia, per la corsa a Palazzo San Giorgio. In tutto sono nove gli aspiranti sindaci. Ci sono anche Saverio Pazzano della sinistra radicale, Klaus Davi, Fabio Foti del Movimento Cinque Stelle, Fabio Putortì con una lista civica, Maria Laura Tortorella, che guida la lista Patto civico, Pino Siclari del Partito comunista dei lavoratori e l’ex assessore comunale Angela Marcianò.

Dietro di loro un esercito di candidati per un posto da consigliere comunale: 914 complessivamente e tra questi ci sono indagati, condannati, imputati e nostalgici del fascismo. Non mancano naturalmente i trasformisti, le solite facce di chi sta con chi vince: prima alla corte dell’ex governatore Scopelliti, poi passati con Falcomatà e infine ritornati nel centrodestra a ridosso delle amministrative. È il caso di Demetrio Marino che, nel 2014, era stato eletto con il centrosinistra. Oggi si scopre di destra e si presenta con Fratelli d’Italia, un ritorno al passato, agli anni in cui gravitava attorno agli assessori dell’amministrazione sciolta nel 2012 per infiltrazioni mafiose.

Con lo stesso partito, corre Massimo Ripepi, il consigliere uscente che Giorgia Meloni ha piazzato capolista nonostante sia stato avvisato oralmente due volte per stalking dal questore di Reggio e sotto processo per diffamazione e danno di immagine nei confronti di una donna, un medico che frequentava la comunità religiosa della Chiesa cristiana “Pace” di cui è pastore. Dai suoi seguaci, Ripepi si fa chiamare “papà” e dal pulpito della sua chiesa si definisce “unto dal Signore”. “Chi si mette contro di noi – è tra le sue frasi più scenografiche – si mette contro Cristo, questo è matematico”. Una sorta di “santone” che, quando parla, supera più volte la linea di confine tra chiesa e politica: “Voi – dice durante le sue omelie – vi dovete schierare con me o contro di me”.

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