celebriamo l’8 marzo ricordando Ipazia d’Alessandria

«ὅταν βλέπω σε, προσκυνῶ, καὶ τους λόγους.
τῆς παρθένου τὸν οἶκον ἀστρῷον βλέπων
εἰς οὐρανὸν γάρ ἐστι σοῦ τὰ πράγματα,
Ὑπατία σεμνή, τῶν λόγων εὐμορφία,
ἄχραντον ἄστρον τῆς σοφῆς παιδεύσεως

«Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura.» (Pallada, Antologia Palatina, IX, 400)

Nel giorno della festa delle donne ricordiamo Ipazia D’Alessandra, donna colta, scienziata e filosofa dell’antichità. Barbaramente trucidata dall’arrogante oscurantismo religioso nel marzo del 415.

«Venne fatta a pezzi dal clero di Alessandria per compiacere l’orgoglio, l’emulazione e la crudeltà del loro Vescovo» (John Toland). «L’invidia si armò contro di lei. Alcuni, dall’animo surriscaldato, guidati da un lettore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario: qui, strappatale la veste, la uccisero colpendola con i cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati questi pezzi al cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia di lei nel fuoco» (Socrate Scolastico, cit., VII, 15.)

«l’ultimo fiore meraviglioso della gentilezza e della scienza ellenica» la definì Pascal, Ipazia non fu certo la prima, e purtroppo non l’ultima, vittima dell’arroganza maschilista che non poteva sopportare l’autonomia e la superiorità di una donna libera. «ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei, da ogni parte, tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico» (Socrate Scolastico, cit., VII, 15)

Poche e confuse le notizie sulla sua vita, i suoi scritti sono andati quasi totalmente distrutti nell’incendio della Biblioteca d’Alessandria, la sua figura e la sua saggezza pervengono ai giorni nostri grazie alle citazioni e ai riferimenti di tanti filosofi e scrittori. Solo nel periodo dell’illuminismo la cultura europea la riscoprì. Nel 2004 l’UNESCO le ha dedicato il Centro Internazionale Donne e Scienza, di Torino. E’ certo che fosse senza dubbio un’antesignana del pensiero critico, alcune sue frasi tramandate ne sono testimonianza: « Difendi il tuo diritto di pensare, perché anche pensare in modo sbagliato è meglio che non pensare». «In effetti, le persone combattono per una superstizione tanto quanto per una verità, o anche di più. Dal momento che una superstizione è così intangibile che è difficile dimostrarlo per confutarla, e la verità è un punto di vista, e quindi può essere cambiata». «La verità non cambia perché è o non è creduta dalla maggior parte delle persone».

L’attualità del pensiero di Ipazia è ancora testimoniato da due efficaci considerezioni: «Indipendentemente dal nostro colore, razza e religione, siamo fratelli» e ancora «Governare incatenando la mente alla paura o alla paura della punizione in un altro mondo è fondamentale quanto usare la forza».

 

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