I genitori di una vittima di un prete pedofilo non scordano e denunciano l’abuso – una lettera del cardinale scola

Speciale per Senza Bavaglio e per Critica Liberale

di emanuela provera

Qualche giorno prima di Natale del 2011 don Mauro Galli, responsabile della pastorale giovanile nelle quattro parrocchie di Rozzano, invita a dormire a casa sua il giovane Alessandro quindicenne, che da tempo si affidava alla sua cura spirituale e riponeva nel sacerdote la massima fiducia; durante la notte il minore – secondo l’accusa – viene abusato sessualmente.

Da quel momento scatta una situazione paradossale in cui la presunta vittima è considerata dal clero milanese una seccatura, mentre il giovane prete è trattato come fosse vittima di una situazione che sarà gestita con l’insabbiamento (mediante cioè l’allontanamento da Rozzano, prima a Legnano, poi a Milano e infine a Roma).

Il cambio di incarico e di parrocchia viene deciso proprio da Mons. Delpini allora Vicario Episcopale di zona quando monsignor Angelo Scola era vescovo di Milano. La decisione viene però avvallata e formalizzata da Mons. Enrico Redaelli allora Vicario Generale. Nessuno di loro decide di approfondire la vicenda e avviare l’indagine preliminare, come previsto dal diritto canonico.

Mons. Delpini nonostante fosse informato dal parroco don Carlo Mantegazza che i fatti accaduti quella notte fossero presumibilmente abusi sessuali, non cercherà mai Alessandro, il quale non riceverà mai una mail, una telefonata o un sostegno, ma si attiverà per prendere contatto con don Galli al quale durante una telefonata (intercettata) confiderà: “…il problema non è quello che hai combinato tu, ma quello che hanno combinato gli altri…dobbiamo stare molto attenti” e gli suggerisce di affidarsi alla consulenza dell’avvocato Mario Zanchetti. Il giovane Alessandro denuncia i fatti alla Procura della Repubblica ed entra in un calvario esistenziale che compromette la sua stabilità emotiva, gli studi e la vita (tenterà di suicidarsi più di una volta).

I familiari (fedeli cattolici, tra l’altro praticanti, e affezionati all’ambiente parrocchiale), molto provati dalla indifferenza loro riservata dal clero milanese scrivono all’arcivescovo Angelo Scola ponendo domande accorate nate da una profonda sofferenza morale e psicologica; gli chiedono per esempio se fosse a conoscenza della linea difensiva dell’avvocato Zanchetti e delle conseguenze di un eventuale non luogo a procedere per il giovane Alessandro che avrebbe potuto reagire in modo disperato. La risposta (del 10/05/2017), che pubblichiamo qui sotto, lascia tutti molto colpiti per la distanza dal loro dolore.

La lettera integrale la potete visualizzare qui

Riportiamo anche la lettera dei familiari di Alessandro indirizzata, oltre che a Scola, a Sua Santità Papa Francesco, al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gerhard Ludwig Muller, al Vicario Generale di Sua Santità Agostino Vallini, al Parroco di Rozzano don Carlo Mantegazza.

Intanto Mons. Mario Delpini, nel 2017, viene “promosso” e nominato arcivescovo metropolita di Milano.

Don Mauro Galli, trasferito a Legnano poco dopo il tragico fatto, nel 2018 viene processato e condannato per tentata violenza sessuale nei confronti di minore a sei anni e quattro mesi di carcere dalla quinta sezione penale del Tribunale di Milano.

I medesimi fatti criminali, sottoposti a giudizio in due distinte sedi processuali, civile e canonica, hanno prodotto esiti contradditori: una condanna (anche se solo in primo grado) e una assoluzione. Infatti il processo penale canonico, in prima istanza e per gli stessi fatti, il 24 giugno 2019 assolve don Galli. E nonostante papa Francesco abbia tolto il segreto pontificio sui reati di pedofilia clericale, la famiglia non ha potuto accedere ai fascicoli processuali, potendosi limitare solo a conoscere l’esito striminzito del giudizio canonico svoltosi presso il Tribunale ecclesiastico lombardo: “sentenza dimissoria”, don Mauro Galli – è la motivazione – assolto per insufficienza di prove. Se le ragioni del diniego sono ineccepibili sul piano formale (la disposizione normativa del papa, non retroattiva, è del dicembre 2019, cioè successiva alla sentenza canonica) restano difficili da comprendere sul piano etico.

Ora sappiamo che i documenti processuali sono stati trasmessi alla Congregazione per la dottrina della fede, l’unico tribunale di appello per tutta la Chiesa in merito ai delitti in parola.

Domani i famigliari di Alessandro consegneranno a monsignor Delpini la lettera che pubblichiamo qui sotto

LETTERA A MONS. DELPINI IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE IN UNA PARROCCHIA
NELLA QUALE HA COPERTO UN PRETE ACCUSATO DI PEDOFILIA

Rozzano (Mi) – Parrocchia S. Angelo, 17 gennaio 2021

Buonasera Monsignore,

è molto difficile per noi esprimere gratitudine per questa visita. La memoria ci porta all’incontro con Lei avvenuto nell’ottobre del 2012, in presenza di Don Alberto Rivolta. Allora esprimevamo il nostro sgomento per la decisione che avevate preso in Diocesi di spostare Don Mauro Galli ancora con i minori dopo la nostra denuncia di abuso sessuale. E nemmeno dopo quell’incontro Lei ha preso l’iniziativa di avviare l’Indagine Previa per accertare i fatti… l’indagine è stata avviata nel gennaio 2015, epoca successiva alla nostra denuncia alle autorità civili. Perché? Eppure quando è stato interrogato dalla Polizia ha dichiarato di essere stato subito avvisato dal Parroco di un presunto abuso sessuale, e si è precipitato in parrocchia addirittura la vigilia di Natale del 2011. Ricorda?

Da allora ha scelto di interrompere completamente qualsiasi rapporto con noi. Qual è il nostro “torto”? Essere la famiglia di un minore violentato da un prete? Papa Francesco proclama continuamente la vicinanza della Chiesa alle vittime di pedofilia: ma quale vicinanza? Un unico incontro. Un incontro a cui ha fatto seguito il nulla. Completamente dimenticati. Anzi no. In Tribunale abbiamo avvertito la vicinanza della Diocesi attraverso la difesa del prete, contro la vittima. Triste e dolorosa realtà. Siamo una famiglia scomoda per la Chiesa, probabilmente.

Anche questa parrocchia, la parrocchia che frequentiamo fin da quando eravamo bambini, ha scelto di non affrontare il tema della pedofilia (sebbene i casi di preti pedofili che “sono passati” in questa parrocchia siano almeno 4, e non osiamo pensare quante siano le vittime!), negli anni sempre la solita metodologia: spostare il prete altrove e far tacere tutto. Ma perché? Con il trasferimento di Don Alberto Rivolta a Rho (unico sacerdote che ci è stato sempre vicino) più nessuno ha avvicinato la nostra famiglia. Addirittura il nuovo parroco, Don Roberto Soffientini, ci ha detto che siamo gente che “sputa nel piatto in cui mangia” ancora prima di conoscerci. Questa è la vicinanza?  Monsignore, forse non ha mai conosciuto una vittima. Forse non ha la minima idea di come si conviva con un disturbo post traumatico. Negli anni abbiamo conosciuto tante e tante altre vittime, in tutta Italia, attraverso l’Associazione Rete L’ABUSO… e il copione è sempre lo stesso. Non abbiamo trovato una sola vittima che sia stata accolta dalla Chiesa. Violentati e allontanati. Dovremmo esserLe grati? Non riusciamo, monsignore. Sarebbe bastato mantenere i rapporti con noi, avere il coraggio di chiedere scusa, agire per affrontare seriamente questo dramma (che è profondamente e radicalmente esteso, ma Lei lo sa ben meglio di noi), e aiutare il prete a prendere coscienza del reato commesso (oltre ad essere un grave peccato, la violenza sessuale è anche un reato in Italia… ma questo evidentemente non è contemplato anche nel diritto canonico visto il risultato del processo canonico in prima istanza).

E forse, monsignore, non ha idea di quanti preti ci abbiano contattato in questi anni per esprimere la loro vicinanza a noi e la negazione di qualsiasi sentimento di stima nei Suoi confronti. Ma non possono “esporsi”, già. Anche ex-preti ci hanno contattato: preti che hanno lasciato la Chiesa anche e soprattutto per come viene gestito il dramma della pedofilia.

E la gente? In questi giorni qui Le faranno festa, una grande accoglienza. Ma ci saranno anche tanti assenti, gente che Lei non vedrà mai, che in questi giorni andrà a Messa altrove proprio per non partecipare alle celebrazioni da Lei presiedute. In tanti ci stanno scrivendo. Lo scandalo non è il fatto che avvengano gli abusi sessuali (dramma devastante per chi li subisce), lo scandalo è la gestione di tali abusi da parte della Chiesa. E per noi questa è la realtà che stiamo vivendo. Si poteva scrivere un altro pezzo di storia. Sarebbe bastato riconoscere i propri errori ed affrontarli. La Chiesa di Milano ha fatto un’altra scelta. Questa lettera verrà resa pubblica: non ha alcun senso tacere o riconoscere un dialogo personale ove non c’è mai stato.

“La Verità vi farà liberi”, e non lo abbiamo detto noi…

 I familiari della vittima di Don Mauro Galli, (condannato a 6 anni e 4 mesi in primo grado nel Tribunale di Milano, assolto in prima istanza dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo)

La Lettera Integrale Inviata Dai Genitori Di Alessandro All’arcivescovo Angelo Scola

 

 

 

 

 

 

 

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