25 aprile, cosa significa celebrarlo al tempo del Covid-19

C’è lo stesso una piazza per la festa della liberazione dal nazifascismo. Virtuale, a causa del coronavirus. E’ l’occasione per sottolineare l’attualità dell’evento storico, oggi che la libertà è ugualmente minacciata e soggetta a restrizioni, e magari di compiere, con una donazione alle associazioni che operano per i più deboli, un gesto di solidarietà in questa situazione di emergenza. La data della rinascita dell’Italia libera suona oggi come appello all’impegno civile

di Angelo Perrone *

Niente cerimonie, o cortei, o interventi pubblici. Quest’anno, il 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo 75 anni fa, non viene celebrato in modo tradizionale, a causa del Covid-19. Neppure per questo però rimane sotto silenzio. E’ ugualmente ricordato, dopo l’invito di tanti, 1400 personaggi della cultura, della società civile, dello spettacolo, dello sport, a ritrovarsi comunque insieme in una sorta di piazza virtuale che magicamente sappia riunire il paese.

Da Eugenio Scalfari a Marco Travaglio, da Romano Prodi a Maurizio Landini, da Alessandro Baricco a Dacia Maraini, e poi tanti altri: Gianrico Carofiglio, padre Armando Spadaro, Gustavo Zagrebelsky, Lucrezia Reichlin, Vasco Rossi, Orietta Berti, Fabio Fazio, Giovanni Floris. Una convocazione in grande, più di quanto potrebbe qualsiasi altra iniziativa. E in un momento storico difficile per tutti, devastato dalla pandemia. Suona come dimostrazione dell’importanza della libertà in ogni epoca.

Questo l’obiettivo dell’iniziativa “25 aprile 2020 #iorestolibero” che riunisce persone di diverso orientamento politico e abbraccia tutti gli ambiti sociali. Si vuole abbinare il ricordo del passato a un’iniziativa utile nel presente: una raccolta fondi a favore della Caritas italiana e della Croce rossa italiana, tanto impegnate oggi nella lotta al virus. Appuntamento dunque in diretta alle ore 11 del 25 aprile sul sito 25aprile2020.it, per un evento che si apre con l’Inno di Mameli e si conclude con Bella ciao.

E’ un modo certo dovuto a causa di forza maggiore, di cui avremmo volentieri fatto a meno, ci sarebbe piaciuto uscire di casa, liberi di manifestare le nostre idee, ciascuno a modo suo, ma almeno il momento e la condizione che stiamo vivendo ci fanno evitare la retorica, sempre in agguato, degli atteggiamenti di circostanza, destinati a non lasciare traccia, e ci aiutano a dare concretezza ed attualità ad un evento storico fondamentale.

Serve proprio un momento di ricordo autentico di quella data, importante nella costruzione della democrazia italiana. E’ necessario conservarne memoria, ora che siamo incalzati dall’incuria e dalla mala fede, più che dall’incidere del tempo, e stanno andando via gli ultimi testimoni di quella stagione. Ci sono troppe dimenticanze, distorsioni interpretative, contraffazioni. Tutto ciò non riguarda solo il passato, la valutazione del fascismo e della guerra: determina guasti profondi nella vita civile di oggi.

Basti pensare alle tesi negazioniste della shoah, alla esaltazione del razzismo e delle parole d’ordine fasciste, alle forme di disprezzo verso i superstiti dell’olocausto, come gli insulti rivolti a Liliana Segre. Oppure all’inquinamento del dibattito pubblico determinato da formule demagogiche e qualunquiste. Sono evidenti le conseguenze di queste deviazioni: l’invocazione di “pieni poteri” per governare da parte di Matteo Salvini, le strizzate d’occhio verso le discriminazioni di qualunque tipo, l’esaltazione della “volontà del popolo” in forme improprie, che preludono alla tirannia della maggioranza e al dominio della folla.

Abbiamo dunque bisogno di fermarci a riflettere, per capire meglio dove stiamo andando e se stiamo compiendo i passi giusti. Come sempre naturalmente, è quello che dovremmo fare ogni istante, non solo quando si vive una tragedia come l’attuale. Serve sempre fare il punto. E eventualmente aggiustare il tiro. Abbiamo preso la direzione giusta, oppure stiamo deviando dal solco con il pericolo di perderci?

Non è possibile fare diversamente, del resto, che riunirci solo virtualmente. Ma può essere una possibilità in più. Siamo tutti a casa in isolamento anche in questa data, distanti gli uni dagli altri, impossibile stare a contatto, ritrovarsi all’aperto, insieme, nelle piazze reali. E’ prematura qualunque iniziativa che determini “assembramenti”, sappiamo che sono terreno di coltura dell’infezione. Dobbiamo ancora rispettare le regole, se vogliamo uscirne prima possibile. Vivi e liberi.

Mai come stavolta la celebrazione della libertà ritrovata nella lotta antifascista è stata piena di significati percepibili immediatamente da tutti, ora che il quotidiano è traumatizzato da tante restrizioni. Siamo costretti ad un isolamento sociale che non avevamo mai sperimentato prima in questa maniera così totalizzante ed esclusiva. C’è un nemico che ci costringe a stare in casa, e noi obbediamo agli ordini impartiti, lo facciamo per paura, per la nostra salvezza, un po’ anche per il bene di tutti. Ma soffriamo dell’assenza di libertà che si manifesta nelle piccole cose, uscire di casa a nostro piacimento, magari senza meta o scopo, per il piacere di farlo. Senza rendere conto a nessuno delle nostre azioni, o dover portare con noi un’autocertificazione.

Per la prima volta, la giornata è gravata dal peso, fisico ma anche psicologico, di dover subordinare ogni movimento ad una ragione valida, che sia un’autorizzazione. Non era più accaduto dalla caduta del fascismo che i movimenti fossero così limitati. Che dovessimo limitarci fino a questo punto. Accade certo per motivi diversi. Erano allora i rastrellamenti, i bombardamenti, il timore di rimanere uccisi dal nemico o da un cecchino.

Oggi, è il pericolo di contrarre il virus e di trasmetterlo a chiunque, magari alle persone a cui vogliamo più bene, o ai tanti indifesi, anziani, malati. E così ci sono impediti tutti i movimenti “non necessari” e comprendono ciò a cui teniamo di più: andare a trovare la fidanzata o un amico, prendere il sole o vedere il mare, camminare nei boschi o fare acquisti voluttuari.

Proviamo cosa significhi la libertà negata o soltanto condizionata, che nessuna generazione ha più vissuto da quel momento di tanti anni fa. Un monito per noi, più forte di qualsiasi discorso. Per questo oggi abbiamo ancor più bisogno di celebrare la libertà, come bene irrinunciabile. E di ricordare che occorre farne buon uso. Bisogna saperla apprezzare, essere consapevoli del suo valore e della sua importanza. Per noi stessi e le nuove generazioni.

Come ogni cosa di valore va impiegata bene facendola fruttare al meglio. La sua necessità, ora che avvertiamo quanto ci manchi, è un avvertimento per cambiare passo domani quando ripartiremo, caso mai avessimo sbagliato la rotta, meglio gettare via l’irrilevante, le imprese mal concepite o dannose, e occuparci seriamente delle cose necessarie, la scuola, il lavoro, la giustizia, la sanità, che avevamo lasciato a metà, quando tutto è scoppiato.

* Angelo Perrone, giurista, si interessa prevalentemente di diritto penale, politiche per la giustizia, diritti civili e gestione delle istituzioni. Autore di saggi, articoli e monografie. Collabora con testate cartacee e on line. Ha fondato e dirige Pagine letterarie, rivista on line di cultura, arte, fotografia.

 

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