DA UN GOVERNO ALL’ALTRO, E POI, SE SON ROSE, FIORIRANNO!

di enzo palumbo

Ho ascoltato con attenzione le dichiarazioni rese ieri all’aula del Senato dal Presidente del Consiglio Conte, e devo dire che non mi ha affatto sorpreso la puntigliosa elencazione di tutte le slabbrature istituzionali e costituzionali che il suo vice-premier Salvini ha collezionato nei 14 mesi del governo che mi ostino a chiamare “pentaleghista”, piuttosto che “giallo-verde”, posto che nessuno dei due colori si addice a quei partiti: il giallo è il tradizionale colore dei liberali, che col M5S non hanno mai avuto nulla a che fare, e il verde è il tradizionale colore degli ecologisti, nessuno dei quali oserebbe militare nella Lega.

Del pari, cercherò di evitare per il futuro anche la denominazione di “giallo-rosso”, che la pubblicistica semplificatrice di questi giorni comincia ad attribuire al governo prossimo venturo, che già s’immagina bell’e formato da M5S e PD: il giallo per quanto ho appena detto, e il rosso perché ormai questa colorazione politica appartiene a un passato che la Storia ha condannato e sepolto, mentre il colore che si addice al PD sarebbe tutt’al più una sorta di rosa pallido.

Se c’è una cosa che abbiamo imparato, in questi ultimi 14 mesi, è che un solo tipo di populismo giunto al governo di un paese di democrazia liberale può fare qualche danno, ma che la sommatoria di due populismi, opposti ma convergenti nell’esercizio del potere, può farne di immensi, difficilmente recuperabili nel breve periodo.

Il primo danno è quello consumato con una serie infinita di messaggi algoritmici che hanno introdotto nelle viscere profonde della società un clima di paura, poi d’insofferenza e infine di odio verso l’avversario di turno e il cittadino diversamente orientato, col miserevole scopo di ricavarne qualche voto in più.

Questo clima ha costituito il viatico per fare approvare alcune sciocchezze costituzionali, legislative e amministrative; solo per esemplificare:

  • sul piano costituzionale, il tentativo, quasi riuscito, di ridurre il numero dei parlamentari (con esponenziale aumento di circoscrizioni, collegi e costi, e conseguente mutilazione della rappresentanza), e quelli, ancora in corso, di introdurre il referendum comparativo (tanto per screditare ancora un po’ il Parlamento) e il regionalismo differenziato (tanto per aggravare un po’ di più il divario sociale tra Nord e Sud);

  • sul piano legislativo, il c. d. Decreto Crescita (che ne ha bloccato quel poco che c’era), l’anticipo pensionistico (disastrando i conti dell’INPS, senza neppure favorire il ricambio generazionale), il reddito di cittadinanza (che ha disincentivato la disponibilità al lavoro), e le leggi sulla c. d. sicurezza (al cui confronto i provvedimenti antiterrorismo degli anni 70 impallidiscono);

  • sul piano amministrativo, il divieto di iscrizione anagrafica dei migranti in stand by e la dissoluzione dei Centri SPRAR (scoraggiando l’integrazione e implementando la clandestinità), e la chiusura dei porti alle navi ONG (di fatto delegando alla supplenza della Magistratura la soluzione dell’emergenza, mentre i migranti continuano a sbarcare incontrollati sulle spiagge).

Per non dire dei ripetuti tentativi di incattivire il rapporto dell’Italia con l’Europa, coltivando la speranza di qualche occasione che consentisse di uscire dall’UE e dall’Euro, per eliminare il vincolo monetario che ci ha sin qui impedito di andare in bancarotta, e per scardinare i due pilastri (solidarietà occidentale ed europea) che hanno consentito all’Italia di stare dalla parte giusta della Storia, ricavandone immensi vantaggi sul piano sociale, civile ed economico.

E ognuna di queste misure introdotte su richiesta di uno dei partner di governo, magari nel dissenso, ma sempre con la complicità, dell’altro.

Di molte di queste cose Conte è stato solo il diligente notaio, che ha preso atto della volontà delle parti, e posso anche credere che abbia talvolta tentato di mitigarne gli effetti più perversi, come ha certamente fatto allorché in più occasioni ha ricucito la tela del rapporto con l’Europa che i suoi vice andavano ogni volta lacerando.

Rimediare a tutto questo non sarà facile, anche se la crisi politica ci ha per il momento risparmiato almeno alcuni degli sbreghi costituzionali che si stavano per consumare.

Quando poi gli è capitato di replicare, Conte ha avuto l’occasione buona per dire a chi gliele aveva rinfacciate che molte di quelle cose il Presidente di un Governo così fatto aveva dovuto subirle in ragione del vincolo di coalizione, e nessuno avrebbe potuto per ciò solo rimproverarlo più di tanto, riflettendo su quante altre volte cose simili sono in passato accadute.

Non avendolo fatto, ha reso più debole la seconda parte del suo intervento iniziale, laddove aveva provato a prefigurare una sorta di programma del governo prossimo venturo, magari immaginando di poterlo ancora presiedere.

Non ho naturalmente alcun titolo per dare suggerimenti a nessuno dei protagonisti, men che meno al PD, al quale notoriamente non appartengo, avendolo sempre considerato un amalgama mal riuscito tra la destra post-comunista e la sinistra post-democristiana, con qualche iniziale spruzzatina di belletto liberaldemocratico, poi frettolosamente cancellato dall’usura del tempo.

E tuttavia, qualche riflessione penso di poterla egualmente fare su quel che sarebbe auspicabile per il nostro immediato futuro.

Dopo la mossa accorta di Renzi, che ha impedito a Salvini di speculare sull’indisponibilità del PD verso un diverso governo, facendo fallire la sua ondivaga strategia, penso che sarebbe di buon senso che la Segreteria del PD frenasse la sua voglia di rinnovare i gruppi parlamentari, evitando di favorire, con parole e comportamenti, un revival dell’intesa pentaleghista, che è sempre possibile.

A me sembra invece questo il momento di non porre veti verso i ministri uscenti e non rivendicare poltrone, consentendo invece in qualche modo la nascita di un governo monocolore M5S, anche presieduto da Conte, che si faccia carico della nomina di un competente Commissario UE, dell’approvazione di una legge di bilancio coerente cogli impegni assunti in Europa, e della sterilizzazione delle clausole IVA per il 2020.

Insomma, una sorta di governo della “non sfiducia”, che consentirebbe di tornare a votare, se gli sviluppi della situazione lo renderanno inevitabile, nella tarda primavera del 2020, dopo che qualcuno dei veleni introiettati nell’opinione pubblica avrà cessato di avere i suoi letali effetti, e nel frattempo cercando di impedire alla grancassa salviniana di speculare su un “inciucio” inesistente, dopo avere lui stesso “inciuciato” per 14 mesi con un partner che nelle elezioni del 2018 aveva duramente contrastato essendo in coalizione cogli altri partiti di centrodestra.

E se nel frattempo fosse necessario approvare quella stupida riduzione dei parlamentari rivendicata dal M5S, si dovrebbe almeno condizionarla all’approvazione di una nuova legge elettorale assolutamente proporzionale, con attribuzione dei seggi in sede nazionale anche per il Senato, com’era previsto dal ddl così detto tedeschellum, mai approvato.

Se poi la coabitazione nella stessa maggioranza si rivelasse possibile e fruttuosa, si potrebbe anche fare proseguire la Legislatura sino alla sua naturale conclusione, negoziando una partecipazione organica dei partiti che ci stanno, sul modello di quanto accaduto al Parlamento Europeo per l’elezione di David Sassoli e di Ursula Von der Leyen, e quindi anche con l’adesione di Forza Italia, alla quale andrebbe offerta l’occasione di sottarsi all’attrazione fatale che l’ha sin qui portata a pietire la benevolenza del Capitano in cambio della vaga promessa di qualche strapuntino.

C’è un tempo per ogni cosa; e poi, se son rose, fioriranno!

4 commenti su “DA UN GOVERNO ALL’ALTRO, E POI, SE SON ROSE, FIORIRANNO!”

  1. condivido in toto, analisi veritiera e storicamente realistica. Questo governo nato male ( un contratto) è stato il peggior fallimento politico degli ultimi 40 anni.

    1. le slabbrature istituzionali di salvini hanno trovato rispondenza nelle slabbrature istituzionali di Conte

      Tutti oggi sono concentrati su quale tipo di governo nascerà

      Non ho notato indicazioni su quali contenuti dovrebbe basarsi il nuovo governo

      I cinque punti del PD sono aria fritta

      Un governo dovrebbe nascere su delle impostazioni di valori , di contenuti e sulla credibilità delle forze che lo compongono
      VALORI: quali?

      CONTENUTI : nel PD vi sono almeno quattro linee di politica economica
      Non ho visto nessuna indicazione.
      Ho visto solo tattiche ma non scelte di fondo strategiche
      L’unanimità è la conferma di questo: ha prevalso la tattica e basta!

      CREDIBITÀ delle componenti: non voglio neppure pensare che dopo 14 mesi di questo triste spettacolo e di scelte errate fatte senza preparazione e competenza sia il caso di riflettere su questo.

      LE ROSE FIORISCONO SE SONO ROSE
      NON VEDO PIANTARE ROSE

      1. La mia opinione, chiaramente esposta nell’articolo, è che in questa fine d’anno (son solo 4 mesi) un eventuale governo oentadem debba fare poche e urgenti cose, che ho anche indicato. E da gennaio in poi va verificata la possibilità di fare un ulteriore percorso, su un programma tutto da scrivere, sperando di potere così arrivare al 2022, quando si dovrà eleggere il nuovo PdR. Poi si voti pure un anno prima della scadenza naturale della legislatura.

  2. Non condivido la posizione nei confronti dell’anticipo pensionistico. L’azienda presso cui ho lavorato negli ultimi 16 anni, mi ha dato una buonuscita, sufficiente a coprire i mesi che mi mancano (compresi i contributi che sto versando) per acquisire il diritto alla pensione. Sentendo in giro, scopro di non essere l’unico in questa situazione. Lo sono anche diversi miei amici, più o meno della mia età e con gli stessi anni di contribuzione. Allora, se proprio vogliamo far lavorare i dipendenti fino a 67 anni, perché non facciamo in modo che le aziende valorizzino queste risorse e la loro esperienza, anziché trattarle come pesi di cui sbarazzarsi? Perché l’INPS o il governo, oppure qualsiasi altra istituzione, non organizza dei corsi di addestramento professionale, di formazione, ecc.. Insomma è solamente il caso che INPS e imprenditori si mettano d’accordo.
    PS: trovo veramente brutto che i lavoratori e i pensionati siano considerati solamente dal punto di vista dei costi, anche perché, se permettete, chi va in pensione ha comunque versato dei contributi.

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