QUALE CIVILTÀ DIFENDONO?

di  giovanni vetritto

L’incrocio micidiale tra la diffusione urbi et orbi dei bassi istinti di qualunque utente di social network e la legittimazione di quelli stessi bassi istinti da parte di classi politiche illiberali e antidemocratiche dovrebbe almeno avere un limite: quello della coerenza tra le diverse follie vomitate in pubblico sotto la stessa insegna.

La levata di scudi dei suddetti politici e della loro della “ggente” contro chiunque abbia osato imbarazzarsi per la foto, demenzialmente diffusa in rete, che ritrae bendato e ammanettato alla schiena il giovane sospettato di avere ucciso il povero carabiniere a Roma (che tale resta fino a condanna definitiva; o il principio vale solo per i loro sottosegretari?) fa sorgere spontaneamente una domanda cui ovviamente nessuno risponderà ma che deve pur essere posta.

Questi “sovranisti”, “patrioti”, “difensori della nostra civiltà” che civiltà, appunto, difendono?

Se a ogni decina di poveri disgraziati subsahariani in procinto di affogare levano alti lai di rifiuto per evitare “il meticciato”, il “piano di sostituzione etnica” ordito da non si sa quale Spectre pluto-giudaico-massonica, è per difendere quale civiltà?

Chi, come chi scrive, è abbastanza vecchio da aver vissuto e poter ricordare, e magari ha avuto anche alcuni pomeriggi di noia nella sua vita riempiti compulsando qualche libro, una idea se l’era fatta: l’Italia, il Paese (rigorosamente con la maiuscola) di cui costoro agitano un tricolore di cui, evidentemente, non conoscono affatto il significato, è una nazione nata dal Risorgimento per volontà di minoranze illuminate conquistate dai valori di libertà e giustizia della Rivoluzione Francese; nutrita dalla cultura illuminista dei Verri, dei Beccaria, fondata dalla Destra storica dei Cavour, Minghetti, Sella sui principi dello “Stato di diritto” e del parlamentarismo.

Tra difficoltà e contraddizioni quel Paese ha rinforzato progressivamente nei decenni questo orientamento, giungendo al suffragio universale, alla tutela di un numero crescente di diritti, ad una democrazia sempre più compiuta.

Ha poi sperimentato, dopo una guerra civile non dichiarata tra opposti estremismi neri e rossi, il ritorno alla dittatura per vent’anni, macchiandosi della colpa indelebile delle leggi razziali, delle deportazioni, e poi di una tremenda guerra fratricida, di reciproche vendette scomposte, di fosse ardeatine e foibe titine, di macelleria messicana in Piazzale Loreto.

Da tutto questo si è liberata con un processo esemplare di discussione pubblica che ha fatto nascere una Costituzione che, lontanissima da essere “la più bella del mondo”, è comunque un esempio di pacificazione giuridica e civile, di democrazia liberale e sociale.

Per mezzo secolo l’Italia è tornata ad essere, come ovunque in modo imperfetto, e da noi perfino con stragi e segreti mai chiariti, nella sostanza e nelle prassi largamente prevalenti una democrazia liberale e sociale, che l’ha portata ad essere la quinta, e forse la quarta, potenza industriale del mondo, durante i tanto vituperati anni ’80, con un livello di civiltà e benessere che oggi possiamo solo rimpiangere. Una nazione fondatrice dell’Unione Europea, disegno ambizioso ed oggi tradito di integrazione tra Stati un tempo nemici per fini di pace e benessere. Una componete essenziale di un mondo definito dall’aggettivo “Atlantico”, in quanto erede di tre secoli di cultura e pratica delle istituzioni all’insegna del principio liberale del dubbio e della libertà, sperimentate tra le due sponde dell’Oceano, che quel ragazzotto forse assassino (forse) bendato e ammanettato non fotografano di certo.

Questa è l’Italia in cui chi scrive è cresciuto. Che Italia difendono, invece, certi politici e la loro “ggente”? in quale “Patria” diversa da questa sono cresciuti?

Vogliono un’Italia libera dai “lacci e lacciuoli” dello Stato di diritto? La costruiscano, ma non facciano finta di difenderla, perché tale non è stata se non per vent’anni e tale non è (ancora). La vogliono putiniana? Si applichino a rovesciare quasi un secolo di geopolitica nazionale, non facciano i difensori di nulla che sia mai esistito dalle nostre parti. La vogliono di razza pura, magari di nuovo ariana? Si facciano carico del nostro passato ignobile in questo senso, ma ammettano la loro non italianità a 150 anni dalla entrata dei Bersaglieri nella Roma del 1870, che buttarono finalmente giù i cancelli del Ghetto ebraico tenuti su dai Papi regnanti prima di loro. La vogliono, orgogliosamente, sulle tracce di Orban, “illiberale”? Si diano almeno la pena di inventare un nuovo vessillo nazionale, perché quel tricolore che sventolano è ispirato alla triade di valori liberté, egalité, fraternité, è stato inventato e portato in battaglia da liberali e “giacobini” per fare l’Italia di chi scrive: non la loro.

E non si nascondano dietro i miei principi quando un loro uomo di potere viene trovato con le mani nella marmellata, lo lascino “linciare” senza attendere tre gradi di giudizio, dispieghino la loro ira contro chi dopo un anno e mezzo di governo ancora lascia le strade del centro storico della nostra Capitale insicure e buie, lascino che lo avveleniamo come un oppositore nella Russia che tanto amano.

E se non arrivano a tutto questo, almeno spieghino: che civiltà, che cultura difendono?

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