LINEE GUIDA PER UNA PRIMA RIFORMA DELL’EDITORIA DELLE IMPRESE GIORNALISTICHE E TELEVISIVE

di enzo marzo, portavoce della “Società Pannunzio per la libertà di informazione”

In attesa che maturi nel dibattito pubblico la consapevolezza della necessità di giungere alla separazione tra il potere mediatico e gli altri due poteri (economico e politico), così come è stato delineato nel mio Le voci del padrone (edizioni Dedalo, Bari, 2006), è urgente almeno perseguire la finalità dell’indipendenza dei media da una imprenditorialità che non abbia come unico scopo l’impresa editoriale.

  1. Va perseguita la trasparenza totale delle proprietà di emittenti televisive e dell’editoria di carta stampata. Le imprese giornalistiche e televisive devono avere tutte la forma di società per azioni.
  2. I proprietari di imprese giornalistiche non possono avere alcuna partecipazione in altre società per azioni e devono rendere noto l’elenco nominativo degli azionisti. Devono dotarsi di un organo di controllo amministrativo sui libri contabili.
  3. Il quinto comma dell’articolo 21 della Costituzione, che proclama la necessità di rendere noti i mezzi finanziari della stampa, deve essere attuato rigorosamente per assicurare la massima trasparenza possibile.
  4. Per garantire il massimo pluralismo nell’informazione, le imprese giornalistiche devono possedere un solo vettore (carta stampata, canale televisivo). Possono editare solo un soggetto per ogni categoria giornalistica (quotidiano generalista, quotidiano sportivo, sito web, settimanale generalista, femminile, maschile, periodici specialistici, ecc.). Quindi all’editore di una testata cartacea non è concesso di possedere neppure partecipazioni di minoranza nella proprietà di emittenti televisive, e viceversa.
  5. La genericità dell’art. 16 della legge Mammì del 1990 ha permesso che il divieto (stabilito al fine di evitare posizioni dominanti nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa per i concessionari privati titolari di frequenza pubbliche in ambito della radiodiffusione televisiva) di essere anche titolari di controllo di imprese editoriali di carta stampata fosse facilmente aggirato da Berlusconi, che ha potuto conservare la proprietà del “Giornale” per interposta persona. Violando così la ratio del provvedimento. Tale divieto va precisato allargandolo anche al coniuge, ai parenti entro il terzo grado o ad affini entro il secondo grado o a evidenti prestanomi. Spetta al garante dell’editoria controllare la corretta applicazione di questa norma.
  6. Le imprese editoriali devono dotarsi di uno Statuto interno che stabilisca l’obbligo di un Comitato di garanti, i cui componenti in prima istanza sono scelti dall’editore e successivamente sono cooptati dal Comitati stesso. Il Comitato ha il potere di nomina e di revoca del Direttore della testata.

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