Le culture del limite per una nuova Europa

di riccardo mastrorillo

Il 28 ottobre alle Elezioni del parlamento dell’Assia, ancora una volta, dopo i numerosi successi degli ultimi mesi in Germania, in Belgio ed in Lussemburgo, i Verdi sono diventati il secondo partito, superando di pochi voti i socialdemocratici.

I risultati in Assia: La Cdu (popolari) ha ottenuto il 27% (nel 2013 ebbe il 38,8); i Verdi il 19,8% (avevano l’11,1) l’Spd (socialdemocratici) il 19,8% (dal 30,7% ) Afd (l’estrema destra) 13,1% (nel 2013 ottenne il 4,1), i liberali il 7,5% (dal 5), la Linke (sinistra radicale) ha preso il 6,3% (dal 5,2).

Va detto che l’Assia era governata da una maggioranza CDU e Verdi e mentre i primi hanno perso oltre dieci punti percentuali i secondi ne hanno guadagnati poco più di 8.

In Germania e, in generale, nel nord Europa, le formazioni ecologiste stanno registrando un successo notevole e, insieme ai liberali, sono le uniche formazioni Europeiste che aumentano il consenso. Forse perché federaliste?

Sempre il 28 ottobre sul Corriere della sera è apparsa un’intervista di Annalena Baerbock (Co-presidente dei Verdi tedeschi) che ci spiega le ragioni del successo ecologista. Rimandando all’intervista, che si può leggere al seguente link https://www.corriere.it/esteri/18_ottobre_27/abbiamo-valori-non-un-ideologia-vinciamo-perche-facciamo-politica-58bd0374-da12-11e8-81e3-2cc49421c289.shtml

 il ragionamento innovativo ed europeista, vogliamo soffermarci sule prime parole dell’intervista: «Noi Verdi non ci definiamo sulle ideologie ma sui valori per noi fondamentali, quelli di un movimento di sinistra liberale, ecologista, pro-europeo». Vi immaginate in Italia un partito ecologista disposto a governare con i Popolari e i liberali? Al momento non esiste. Chi ha letto l’intervista ed è politicamente orientato a sinistra ha definito, nel migliore dei casi, il termine “sinistra liberale” un ossimoro. L’unico politico italiano di sinistra che non si è mai vergognato di definirsi anche liberale è Pippo Civati, unico leader di partito a candidarsi in un collegio difficile, tant’è che non è stato rieletto. Grazie all’ignoranza culturale, all’informazione cialtrona e alla propaganda Berlusconiana, in Italia, le due culture del limite: liberalismo ed ecologismo, sono state trasformate in una macchietta.

10 anni fa, mentre in Germania il leader dei Verdi Joschka Fischer, ministro degli esteri del governo rossoverde, portava per la prima volta soldati tedeschi a partecipare a missioni internazionali, e otteneva la progettazione di una riconversione energetica che prevedeva la graduale uscita dal nucleare, in Italia durante l’ultimo governo Prodi, l’allora ministro dell’Ambiente e leader dei Verdi Italiani Alfonso Pecoraro Scanio, dovette impegnarsi moltissimo per impedire la costruzione di nuove centrali elettriche a combustibile fossile e promuovere la rivoluzione del “conto energia”, cioè una produzione casalinga di energia elettricità, con l’obbligo per il gestore della distribuzione di prelevare quella energia e remunerarla ad un costo prefissato. All’epoca quasi tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, come tutti i mezzi di informazione, spiegavano che, senza le centrali progettate, il paese in pochissimi anni sarebbe stato al buio. Le centrali non furono fatte, sono passati 10 anni e non c’è stato nemmeno un black out. Lo stesso Bersani (allora Ministro dello Sviluppo Economico) fece enormi resistenze prima di introdurre nell’apposito decreto il “conto energia”. Sempre nel corso di quegli anni, il ministero dell’Ambiente promosse una conferenza sui cambiamenti climatici, boicottata e derisa dalla totalità della politica e dell’informazione. Certo spesso gli ambientalisti in Italia si sono limitati ad opporsi a qualsiasi opera, ma in quegli anni proprio a Roma nacque il Partito Ecologista Europeo, è l’ambientalismo del no, si sarebbe potuto avviare a diventare una proposta europea di riconversione dell’economia. Le forze politiche di ispirazione postmarxista (pd compreso) e di ispirazione neoliberista (un termine inesatto più corretto sarebbe anarcocapitalisti), con un’inconsapevole alleanza annientarono definitivamente le culture del limite, orpelli della degenerazione borghese, per gli uni, e seccature etiche per le altre. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Quello che manca oggi, a questo paese, sono forze politiche, elettoralmente significative, che non si ispirino ad ideologie o, peggio, alla politica dettata dai sondaggi, ma che basino la loro cultura politica sul limite. Esattamente come i liberali e gli ecologisti.

Un commento su “Le culture del limite per una nuova Europa”

  1. Bravo Riccardo condivido fino all’ultima sillaba il tuo scritto. Hai usato parole chiare e coraggiose dando precise indicazioni sulla necessità di compiere una mossa del cavallo, un salto di lato che approfittando da un lato dell’ emergenza climatica e dall’altro della struttura stessa del liberalismo come utopia, indica un preciso metodo di lavoro e un rinnovamento culturale che deve cominciare dall’impegno individuale.

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