NON COMPRERÒ PIÙ “LA REPUBBLICA”

di gian giacomo migone
 
Caro Direttore,
ho letto il suo editoriale (11 ottobre). Anche io sono tra coloro che si sono indignati per le parole del vice presidente del consiglio Di Maio che ha augurato al suo giornale di non più esistere. Chiunque possegga una coscienza democratica anche minima deve battersi per la vita di qualsiasi forma di comunicazione di opinioni e di notizie, anche le più lontane dalle proprie convinzioni. Figurarsi di una testata che considero parte del patrimonio democratico del nostro paese. 
Nel mio piccolo ho anche aderito all’ondata di solidarietà che, come lei  ha scritto, ha investito il suo giornale. Tuttavia, l’ho fatto in un modo che forse le dispiacerà,  ma che considero un dovere comunicare e motivare, per lealtà di rapporti tra noi e con intento sempre costruttivo. Infatti, ho deciso di recedere dal proposito, che stavo maturando, di non più comprare “La Repubblica” e di continuare, invece, a versare il mio obolo quotidiano per acquistarla.
Ne spiego le ragioni,
 

 
con la consapevolezza che esse si nutrono di uno stato d’animo di fiducia tradita, comune ad altri, che non riguarda soltanto la sua direzione, ma anche quella dei suoi predecessori., almeno a partire dal 2001.
In primo luogo, si tratta di omissioni o sottovalutazioni macroscopiche nella presentazione delle notizie. Se internet abbonda di ” fake news”, però smentibili da chiunque, buona parte dei media – purtroppo compresi giornali con una bella storia alle spalle – vengono meno alla loro vocazione informativa, compiendo omissioni, o quantomeno difetti di evidenza di notizie malgrado la loro oggettiva importanza, non importa se consapevoli o meno:  più gravi perché più difficili da dimostrare. Faccio soltanto qualche esempio particolarmente importante che riguarda, per l’appunto, “La Repubblica” e non soltanto essa.
1. Il caso Minniti. L’ex ministro dell’interno, probabile candidato alla segreteria del PD, ripetutamente citato da Eugenio Scalfari come potenziale salvatore della patria, è riuscito a contribuire alla riduzione del flusso di immigrati via mare, ma al costo di trasformare una parte degli scafisti in gestori e aguzzini di campi di concentramento in Libia, al di fuori di ogni controllo delle Nazioni Unite, in cui si sono verificate atrocità di ogni tipo. Ciò è avvenuto – secondo una dettagliata ricostruzione di una pagina intera del “New York Times” mai smentita, seguita da un editoriale di condanna – mediante la distribuzione di denaro da parte dei nostri servizi segreti agli ordini dell’allora ministro dell’interno e a dispetto delle competenze della Farnesina. Tale iniziativa, che ha dissipato il credito accumulato dal nostro paese per il salvataggio di vite umane in una fase precedente, è stata duramente condannata dagli alti commissari per i diritti umani delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa e, in forma attenuata, dal segretario generale dell’ONU e dall’alta rappresentante per la politica estera e sicurezza dell’Unione Europea. Non sono, invece, mancate parole di elogio da parte di Matteo Salvini, attuale ministro dell’interno.
2. La distruzione umana nello Yemen. Da circa tre anni sono in corso bombardamenti largamente diretti contro la popolazione civile dello Yemen da parte dell’Arabia Saudita. Gli Stati Uniti, insieme con alcuni alleati (tra cui Regno Unito, Italia, indirettamente Germania) sostengono questi bombardamenti, che hanno anche contribuito a scatenare un’epidemia di colera, con forniture di armi, rifornimenti di carburante in volo e con un blocco navale che impedisce l’accesso di soccorsi alimentari. Intorno a questa vicenda vige un silenzio, solo recentemente interrotto dal “New York Times”, che tra l’altro occulta la decisione del precedente governo svedese di annullare una fornitura di armi all’Arabia Saudita, del valore di oltre due miliardi di euro.
3. Le questioni riguardanti il conflitto mediorientale, in particolare la violenza praticata dal governo Netaniahu ai confini della striscia di Gaza, a spese della popolazione palestinese, e le misure legislative che hanno dato vita un vero e proprio regime di apartheid, vengono sottaciute o minimizzate, talora con una titolazione distorsiva rispetto alla stessa cronaca pubblicata. I lettori de “La Repubblica” e di altri importanti giornali occidentali ignorano il fatto che la comunità ebraica statunitense è ormai divisa tra coloro che sostengono incondizionatamente l’operato del governo israeliano e una minoranza importante, soprattutto giovanile, che offre solidarietà al popolo palestinesi attraverso “Jewish Voice for Peace” e numerose comunità religiose di orientamento antisionista.
4. I lettori de “La Repubblica” – ma non soltanto essi – sono anche stati indotti a sottovalutare la consistenza e l’importanza dei movimenti che hanno accompagnato e rafforzato le azioni politiche di Bernie Sanders negli Stati Uniti e di Jeremy Corbyn nel Regno Unito. Nel primo caso è risultato evidente che un diverso esito delle primarie – peraltro manipolate dal “National Committee” del partito democratico, come dimostrato dai contenuti di molti wikileaks – avrebbe reso assai più difficile, se non impossibile, sondaggi alla mano, la vittoria finale di Trump. L’ascesa di Jeremy Corbyn, accompagnata e consolidata da un movimento di massa di giovani  europeisti critici – “Momentum”, che ha come parola d’ordine “For Another Europe” – è stata liquidata dal suo giornale per mesi come un accidente di scarso rilievo legato al suo passato di “old left”. Soltanto alla vigilia del voto britannico, la rotta è stata corretta dalle vostre corrispondenze da Londra.
4. La colpevole, talora ostentata, indifferenza, da parte dell’attuale governo, riguardante la crescita del debito pubblico, non giustifica la sua crescita continua, a partire dal 2001, che va addebitata ai governi che lo hanno preceduto (compreso quello presieduto dal rigorista Mario Monti). Senza alcuna critica mediatica, costoro si sono limitati a  lanciare e ad enfatizzare una revisione della spesa, o “spending review”, che, per avere esito, avrebbe dovuto incidere duramente sugli interessi di una classe dirigente fondata (opinione mia) su un patto intercorporativo e su alcuni tabù ritenuti intangibili dalle forze politiche (Lega Nord compresa) che si sono alternate al governo del paese. Alcuni esempi per tutti. Nessuno ha indagato sulle condizioni di privilegio dell’alta burocrazia soprattutto vigenti a favore di coloro che impongono rigore a soggetti più deboli (mi riferisco al Tesoro e alla Ragioneria della Stato). Salvo una sparuta opposizione di sinistra, nessuno si chiede se i 15 miliardi ed oltre per degli aerei di attacco, gli F 35, di cui alcune autorità competenti persino statunitensi denunciano le carenze, non potrebbero essere investiti nello sviluppo di prospettive di vita e di lavoro per le giovani generazioni. E’ merito recente del suo giornale avere finalmente dedicato una pagina critica all’argomento, in occasione della caduta di uno degli aerei. Tuttavia, si tratta di un dibattito in corso da oltre un quinquennio, eluso dall’allora ministra della difesa, Pinotti, e su cui la sua successora mantiene un ostentato silenzio. Forse i lettori del suo giornale avrebbero potuto essere più puntualmente informati e criticamente coinvolti in tema di questi sprechi di regime che accompagnano il supremo non detto: la crescita dell’ineguaglianza tra un piccolo gruppo di ricchi e potenti a scapito della grande maggioranza della popolazione,  in corso ormai da un ventennio, in Italia e non soltanto in Italia.   
Per concludere, non solo “La Repubblica”  deve essere letta e, ove necessario difesa, dai suoi lettori, ma è suo interesse che essi siano invogliati a restare tali per la completezza di un’informazione non condizionata o permeata dalla linea politica che è e deve restare sua libera scelta.
Molto cordialmente,
Gian Giacomo Migone,
QUESTA LETTERA, INVIATA A “LA REPUBBLICA” NON E’ STATA PUBBLICATA

Un commento su “NON COMPRERÒ PIÙ “LA REPUBBLICA””

  1. Grazie, “Critica Liberale”, per avermi pubblicato in questa civilissima rubrica, anche se mi vedo costretto a chiedere un’errata corrige del titolo che non é mio.
    Infatti, come é detto chiaramente nel secondo paragrafo del mio testo, a causa dell’attacco di Di Maio alla liberta’ di espressione ho deciso di recedere dal proposito precedentemente maturato di non comprare più “La Repubblica”, malgrado le critiche che poi argomento.

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