NAZIONALIZZARE I BENI DEL DEMANIO?

di felice besostri

Le tragiche vicende di Genova invece di essere, dopo il compianto delle vittime e la solidarietà ai sopravvissuti e al loro familiari e a tutte le persone danneggiate, di riflessione sullo stato della pubblica amministrazione e della sua funzione di indirizzo e controllo a tutela dell’interesse pubblico, sulla gestione dei beni pubblici affidati ai privati e sulle politiche di sviluppo e di mobilità, sta diventando il solito teatrino mediatico. Le affermazioni di carattere generale del tipo “aspettiamo la magistratura”, “non alimentiamo la ricerca di capri espiatori e il desiderio di vendetta”, “ non sfruttiamo a fini politici le tragedie”servono solo a nascondere banali interessi di parte, evitare che si accertino le responsabilità e soprattutto non far nulla che si ripetano.

Per combinazione cadono in questi giorni anniversari come il terremoto di Amatrice di due anni fa con le macerie ancora al loro posto o il cinquantenario dei carri armati sovietici, che spezzarono il sogno della Primavera di Praga o il 136° della fondazione a Genova del Partito dei Lavoratori italiani, che sarebbe diventato con il nome socialista il primo partito di una sinistra, che non c’è più. C’è un filo che lega fatti così disparati, perché saggezza vorrebbe che di fronte ad un problema si prospettino soluzioni, questo è il senso della politica ed è quello che chiede la nostra Costituzione all’art. 49, come compito di tutti i cittadini, liberamente associati in partiti. Il dibattito pubblico, che dovrebbe precedere le decisioni è più importante, secondo Nadia Urbinati, delle stesse leggi elettorali con cui si scelgono i parlamentari.

La libertà delle opinioni è garantita dall’art. 21.1 Cost. : “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”, ma poi la Costituzione si occupa solo della stampa e non di ogni altro mezzo di diffusione delle idee, come la radio che pur esisteva, la televisione fece la sua comparsa nel gennaio 1954 e la rete non era ancora operativa e per il World Wide Web bisognerà attendere i primi anni ’90. Tuttavia la nostra costituzione detta alcuni principi che sono applicabili ad agni mezzo di comunicazione di massa, come l’art. 21.2 Cost. “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” o, ancora più importante, l’art. 21.5 Cost. “La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.” Si è visto subito all’opera i condizionamenti delle proprietà editoriali o semplicemente dei grandi inserzionisti nella vicenda di Genova appena si è parlato di revoca della concessione, che è diventata rapidamente nazionalizzazione delle autostrade Le autostrade come le strade statali appartengono al demanio statale, come quelle regionali, provinciali o comunali ai rispettivi demani. Non c’è nulla da nazionalizzare. Lo Stato può cegliere tra la gestione diretta, che in Italia non c’è mai stata, l’ANAS era un azienda autonoma ovvero riaffidare in seguito a gare ad altro soggetto ovvero ancora avvalersi dell’art. 43 Cost. e, pertanto , a fini di utilità generale con legge può riservare o trasferire ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale, quindi la gestione della rete autostradale. Però deve contestualmente riformare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e soprattutto a selezionare i dirigenti con procedure trasparenti e concorsuali come del resto richiede l’art. 97 Cost.. Dovrebbe preoccupare he 4 membri su 6 della Commissione d’indagine ministeriale possano essere in conflitto di interessi o sarebbe comunque inopportuno che ne facciano parte. Ogni concessione è revocabile, se la ragione è l’inadempimento degli obblighi si dovrebbe parlare di decadenza.

Sul provvedimento ci sarà un controllo giudiziale del TAR e in appello del Consiglio di Stato. Il tutto si giocherà sulla sospensiva e quanto più elevate saranno le inadempienze ed omissioni tanto più difficilmente sarà concessa. La posizione della concessionaria srebbe comunque indebolità da decisioni particolari come la revocpsrzxiale degli aumenti tariffari concessi e se tutti i privati danneggiati compresi gli utenti potessero agire in giudizio, ma questo richiede scelte coraggiose del legislatore, con l’estensione delle azioni sostitutive degli elettori finora limitate a comuni e province dall’art. 9 TUEL alle regioni ed allo stato. Una norma semplice: “1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al Comune, alla Provincia, alla Città Metropolitana, alla Regione e allo Stato e   alle pubbliche amministrazioni da essi partecipate, compresi gli enti pubblici economici.

  1. Il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ ente pubblico. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l’azione o il ricorso, salvo che l’ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall’elettore.” Da accompagnare, come suggerisce il prof. Paolo Maddalena da una nuova formulazione dell’art. 832 cod. civ, 832: “La proprietà è il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico e pertanto non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, come dispone in generale per l’iniziativa economica privata l’art. 41 Cost.

Genova 23 agosto 2018

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