DEMAGOGIA, NON SENSO DELLO STATO

di paolo bagnoli

E’ risaputo che  i napoletani, anche quando è di umili provenienze, hanno il senso innato dell’eleganza e delle cose; una grande dignità, insomma anche se vive in essi, talora, quasi un’innata vocazione popolaresca alla sceneggiata. E’ un popolo ricco quello napoletano, tra l’altro pieno di orgoglio e ben convinto che proprio il ritenersi furbi ha la sua prima regola nel non farsene accorgersene. Il neo presidente della Camera, Roberto Fico, rispetto a tutto ciò, ci sembra fuori dagli schemi, bramoso di farsi vedere come un cittadino qualunque benché sia la terza carica dello Stato. Che sia diventato presidente dei deputati lo sa, è lapalissiano, che cosa sia lo Stato, invece, non ci sembra proprio. Le sue prime uscite, infatti, destano molte perplessità.

 

E vada che non voglia ricevere l’indennità di carica e che stia sempre con le forbici in mano per tagliare di qua e di là, ma quando non si riesce a dare senso alle cose si fanno solo sceneggiate dal sapore periferico. In Fico sembra ardere una incontenibile bramosia di far vedere che egli è un cittadino al pari degli altri e vuole proprio farlo vedere tanto da organizzare i fotografi che immortalino la sua scelta dal treno a Roma proveniente da Napoli e, soprattutto, il prendere l’autobus per andare da Termini a Montecitorio insieme alla scorta. E sul bus non si mischia con la gente presente sul mezzo pubblico, ma è ovvio che, per ragioni di sicurezza, deve starvi lontano, deve sedere da  solo, sorridente al fotografo. Naturalmente, è sotto l’occhio vigile della scorta che crediamo abbia pure avuto qualche apprensione. Ammettiamo, infatti, che uno squilibrato o un terrorista dei nostri tempi, fosse stato mosso a qualche gesto inconsulto, in presenza della gente comune appunto, quali sarebbero stati i margini d’intervento della scorta per intervenire? Ma che c’entra: tutto è secondario rispetto alla spinta primaria, insopprimibile, di apparire un personaggio.

Sceso dal bus, Fico ha continuato nella sua missione autorappresentativa recandosi a piedi da Montecitorio al Quirinale per ricevere da Mattarella l’incarico esplorativo. Come un’ intoccabile divinità ha camminato al centro di un reparto di carabinieri in divisa e in borghese che gli hanno fatto cordone: un’immagine plastica della nuova casta. E poiché Fico è uomo di risparmi sarebbe bene sapere quanto è costato allo Stato quel cordone sanitario e quanto sarebbe costato l’uso della macchina di servizio: sicuramente questa sarebbe costata meno. Perfino uno degli  ideologi della “casta”, Sergio Rizzo – l’altro è Gian Antonio Stella: i due giornalisti del “Corriere della Sera” che hanno fecondato l’humus che ha molto giovato all’affermazione dei 5Stelle – su “la Repubblica”, di cui ora è vice-direttore, del 24 aprile ha criticato un simile modo di fare. A tutto ciò aggiungiamo che al Presidente della Camera non spetta esprimersi sulle sentenze della magistratura, ma Fico, alla recente sentenza di Palermo, ha subito battuto pubblicamente le mani dimentico che siamo ancora in uno stato di diritto e che, ancora, ci sono due livelli di giudizio. Insomma: non ci siamo proprio.

Alla sobrietà così esibita di Roberto Fico, ci sia permesso di ricordare quella seria di un grande italiano, di Ferruccio Parri il quale, presidente del consiglio, andava in ufficio in bicicletta e talora dormiva su una brandina nel medesimo. Non ci si venga a dire che Parri era l’Italia di un ieri lontano, lo sappiamo, ma, poiché ci si muove sul terreno comune del virtuosismo, il tempo trascorso non conta.

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